11  LUGLIO – XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. (Anno B)

GESÚ INVIA I SUOI DISCEPOLI AD ANNUNZIARE LA CONVERSIONE E A COMPIERE LE OPERE DEL REGNO DI DIO.

L ’essere cristiani più che una etichetta ci impegna a vivere secondo lo stile di vita del Vangelo, seguendo Cristo che ci indica la via per condurre una vita secondo la sua mentalità. Si deve allora respingere ciò che è contrario a questo nome e seguire ciò che gli è conforme. Nella Orazione di questa domenica preghiamo Dio dicendo: « O Padre, che chiami tutti gli uomini a essere tuoi figli in Cristo, concedi alla tua Chiesa di confidare solo nella forza dello Spirito per testimoniare a tutti le ricchezze della tua grazia ». Questa esigenza della testimonianza, con la forza dello Spirito, non si rende concreta solo parlandone o insistendovi nella Liturgia,  ma vivendo concretamente  questo stile di vita. La consistenza delle opere non sempre è adeguata alla insistenza con cui ne parliamo.

Prima Lettura: Am 7,12-15.

Il profeta Amos viene allontanato dal sacerdote Amasia da Betel, santuario del re, proibendogli di profetizzarvi e  di andare a farlo  nella terra di Giuda. Ma Amos rispondendogli dice: « Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele ».

Il profeta che è mandato da Dio non parla di sua iniziativa, ma profetizza perché è Dio che lo chiama e lo sollecita. Non parla perché è gradito agli uditori, ma perché Dio gli affida il messaggio. Mentre Amasia, rappresentante ufficiale della categoria dei profeti, dice cose gradite al potere regale, Amos non è impedito da vincoli o impacci che lo legano al potere. Egli è investito direttamente da Dio per questa missione e la sua voce è libera di annunziare ad Israele le vie di Dio, che vuole realizzare la  salvezza del suo popolo.

Seconda Lettura: Ef 1,3-14.

San Paolo agli Efesini ricorda che Dio, Padre del Signore Gesù Cristo,  « ci ha benedetti nel suo Figlio, chiamandoci, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati dinanzi a lui nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel suo Figlio diletto » Nel sangue del suo Figlio noi abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati  ed è stata riversata con abbondanza su di noi la sua grazia, con ogni intelligenza e sapienza. Così ci è stato fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo la sua benevolenza, volendo ricondurre a Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.

Cristo Gesù è colui che ricapitola tutte le cose e le riassume in sé. Così ad immagine di Cristo è concepito l’uomo fin dall’eternità, destinato ad essere figlio adottivo, redento dal sangue di Cristo e chiamato a vivere in comunione d’amore con Dio. Il Padre, in Cristo, ci ha fatti anche eredi, predestinandoci a essere lode della sua gloria.

Dopo aver ascoltato la parola di verità, il Vangelo della salvezza e aver creduto in esso, dice ancora Paolo agli Efesini, essi hanno ricevuto il sigillo dello Spirito Santo promesso, come caparra della eredità che Dio promette, nell’attesa della completa redenzione, a quelli che Egli si è acquistato a lode della sua gloria. Il pensiero che ognuno è chiamato a raggiungere questo fine dovrebbe riempire di gioia il cuore anche in mezzo alle difficoltà di ogni giorno, farci aprire al ringraziamento a Dio e impegnarci a raggiungerlo per essere, in conformità a Cristo, nella risurrezione. Fin da ora, con lo Spirito, abbiamo la « caparra della nostra eredità », in attesa della completa redenzione.

Vangelo: Mc 6,7-13.

Gesù invia a due a due i suoi discepoli, da poveri e con un messaggio da annunziare, dà loro il potere di scacciare gli spiriti impuri ed li esorta a non portare con sé, per il viaggio,  né pane, né sacca, né denaro, né due tuniche, ma solo il bastone e un paio di sandali.

Ancora: a rimanere nella casa dove entrano finché non se ne siano partiti di lì e, dove non sarebbero stati accolti né ascoltati, scuotere la polvere dai loro piedi come testimonianza per loro. « Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano i demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano ». I discepoli hanno da annunziare il regno di Dio e il Cristo che lo incarna con la sua presenza. Tale annunzio è un giudizio di condanna per coloro che  avrebbero rigettato, allora come oggi, il Vangelo della salvezza, che non bisogna accoglierlo solo a parole, ma testimoniarlo nella concretezza della vita in tutta la sua quotidianità.