27 GIUGNO – XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Il Signore, nella liturgia della Domenica,  continua a portare a compimento l’opera della redenzione e della liberazione degli uomini dalle tenebre del male e del peccato. Donandoci lo Spirito Santo, con la sua luce della sua verità, ci libera dal nostro egoismo e, con la grazia del Cristo, povero e crocifisso, addolcisce le nostre asprezze con la dolcezza e la forza del suo amore.

Verificare ogni giorno questo cammino di santità è certo un compito a cui siano chiamati, ma dobbiamo ritenerlo un dono di grazia elargito dal Signore, dono  che non dobbiamo mettere in dubbio di fronte all’esperienza di ogni giorno, in cui i sentimenti sono diversi da quelli che il Signore ci chiede.

Così non dobbiamo avvilirci né scoraggiarci e, convinti della continuità del dono della grazia che Dio ci fa, confidare sempre in lui e riprendere il cammino con serenità e costanza.

Nella preghiera iniziale ci rivolgiamo a Padre celeste dicendo:« Padre, che nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso ci fai ricchi della tua stessa vita, rinvigorisci la nostra fede, perché nell’incontro  con lui sperimentiamo ogni giorno la sua vivificante potenza »..

Prima Lettura:  Sap 1,13-15; 2,23-24.

Il libro della Sapienza ci insegna che Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli ha creato l’uomo per l’immortalità facendolo ad immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo e coloro che gli appartengono fanno esperienza della morte. Gesù è venuto per riscattarci  da questa situazione mortale, vincendo il demonio e il male e vincendo anche la morte da lui causata. Gesù risorto è il principio e la primizia  della vita definitiva spirituale ed eterna. Vivendo in comunione di grazia con Gesù, abbiamo in germe in noi la vita che non tramonta.

Seconda Lettura: 2 Cor 8, 7.9; 13-15.

San Paolo se da una parte loda i Corinzi perché ricchi nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che Egli ha insegnato loro, dall’altra li esorta e li sprona a vivere nella generosità dell’aiuto da dare alla Chiesa di Gerusalemme che è nel bisogno ed è attanagliata dalla carestia. Porta ad esempio Cristo Gesù che da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi della sua povertà, facendoci dono e partecipi della sua vita divina. Più che mettere in ristrettezza economica i Corinzi, chiede loro di fare uguaglianza, cosicché la loro abbondanza supplisca alla  indigenza dei fratelli di Gerusalemme e, un domani, l’abbondanza dei cristiani di Gerusalemme potrà supplire a indigenza dei Corinzi. In questa imitazione dello stile di Gesù, che è venuto per arricchirci della sua divinità e della sua vita divina, i cristiani hanno un  modello da imitare e testimoniare nel mondo, realizzando la fraternità tra le chiese e tra i fedeli, come anche la comunione nella fede, senza la quale la loro vita sarebbe destinata alla aridità e sarebbe smentito il principio della redenzione  e della salvezza.

Vangelo: Mc 5, 21-43.

Gesù compie un doppio miracolo, come ci racconta il brano evangelico di oggi: guarisce una donna, che da dodici anni è affetta da emorragia e da cui non era guarita pur avendo consultato molti medici e spendendo tutti i suoi averi, anzi aggravandosi, la quale dimostra una grande fede e viene guarita, perché crede che toccando anche solo il mantello di Gesù sarà guarita, come di fatto avviene e la figlia del capo della sinagoga Giairo, che lo invoca per la guarigione della figlia morente. Nella prima guarigione, davanti alle impossibilità umane o a quelle derivanti dalla convinzione che il denaro può tutto, solo per la sua fede quella donna, che riesce con fatica, a causa della folla, a toccare il mantello di Gesù, è esaudita da lui, dal cui corpo si sprigiona una potenza divina guaritrice. Gesù le rivolge parole che la rigenerano anche spiritualmente: « Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male » . Nell’ episodio della bambina, richiamata in vita, Gesù esaudisce il desiderio dei genitori  invitandoli ad aver fede nella sua parola, pur tra le difficoltà poste da coloro che ne annunziano la morte sopraggiunta e dalle perplessità e dalla derisione manifestate da coloro che piangono e urlano per la sua morte: « Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme ».  Gesù la richiama in vita, dimostrando così che egli sarà Colui che vincerà la morte e divenendo per tutti noi speranza di risurrezione eterna.