9 MAGGIO – VI DOMENICA DI PASQUA.

« AMIAMOCI » PERCHÉ L'AMORE  È DA DIO,

Il tempo pasquale è un inno alla pace e alla gioia, espresso con il grido gioioso dell’Alleluia (Lodate il Signore), per le meraviglie compiute  da Dio nella redenzione, operata da Cristo, per la salvezza degli uomini. La gioia del cristiano, che però ugualmente conosce motivi di ansia e di tristezza, deriva dalla certezza che Dio ci ha liberati dal peccato, il quale è la vera causa della tristezza. Cristo Gesù, risorgendo, ci riporta a vivere la speranza che un giorno saremo con lui nella beatitudine e  nella gloria, perché egli è andato a prepararci un posto nel cielo.

Ripensando allora a tutto ciò che Gesù ha detto e fatto, noi, immersi nel mistero pasquale di Cristo, rinnoviamo il motivo della nostra gioia.  Se, come Gesù, usciamo dal nostro egoismo e sappiamo dare la vita per gli altri, allora la carità del donarsi si trasformerà in letizia qui in terra, e sarà il preludio di quella celeste. Per questo preghiamo dicendo: « O Dio, che ci hai amato per primo e ci hai donato il tuo Figlio, perché riceviamo la vita per mezzo di lui, fa’ che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati, fino a dare la vita per i fratelli ».

Prima Lettura: At 10,25-26; 34-35.44-48.

San Pietro a Cornelio, che gli si prostra ai piedi per rendergli omaggio,  dice umilmente: « Alzati: anch’io sono un uomo! ». Riconosce così che davanti a Dio, il quale non fa preferenze di persone, tutti siamo sue creature e « accoglie chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque nazione appartenga ».

Avviene allora per coloro che sono in casa di Cornelio, che pure è ancora un pagano, la Pentecoste, poiché « lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola ». La cosa stupisce i fedeli circoncisi ebrei  venuti con Pietro, essendosi effuso anche su quei pagani lo Spirito del Signore, che li fa parlare in altre lingue e glorificare Dio.

Da ciò Pietro comprende che tutti gli uomini, anche i non ebrei, sono chiamati  a ricevere il Battesimo, a ricevere lo Spirito, la buona Novella, perché amati da Dio: così Pietro ordina che tutti siano battezzati  nel nome di Gesù Cristo.

Così nella Chiesa, anche se si è ministri,  si è rappresentanti del Signore  nessuno può sostituirsi a Lui. Nessuno può vantarsi di avere dei diritti o meriti. Come fratelli in Cristo, tutti siamo chiamati alla vita eterna e a lodare e cantare le meraviglie della misericordia di Dio.

Seconda Lettura:  1Gv 4,7-10.

San Giovanni, ancora una volta, ci ricorda che dobbiamo amarci gli uni gli altri, perché chiunque ama è stato generato da Dio e ha in sé la facoltà di conoscere Dio. Se non si ama, allora, non si conosce Dio, che rimane un estraneo per chi non ama. Non i libri, né l’intelligenza o l’acutezza della mente bastano per conoscerlo, è necessario l’amore e la carità del cuore. Se si riconosce che Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui, allora accogliamo l’amore che Dio ci ha manifestato e dato.  E’ stato Dio ad amarci per primo e « ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati ».

L’amore del Padre è arrivato ad un gesto estremo nella missione affidata al Figlio che, morendo in croce, lascia sconcertati e attoniti, come dice l’inno di Pasqua: « Gli angeli guardano attoniti il supplizio della croce, da cui l’innocente e il reo salgono insieme al trionfo ». L’amore e la misericordia di Dio confondono la superbia e l’alterigia dell’uomo.

Vangelo: Gv 15,9-17.

Per Gesù il donare la vita è  la più alta espressione dell’amore per chi si dice di amare. Egli ha dato la sua vita e non poteva fare di più. Al suo amore si risponde amandolo a nostra volta, anche se non possiamo raggiunge l’intensità di questo suo amore dobbiamo averse la qualità.. Egli ci ha amati come il Padre ha amato lui e chiede, a chi accetta di amarlo, di rimanere nel suo amore, . La prova del rimanere in questo amore è l’osservanza dei comandamenti, come ha fatto Gesù nei confronti del Padre. Il Signore Gesù, che ci ha scelti,  ci chiama amici non  servi e ci fa conoscere ciò che ha udito dal Padre. Ci dice che siamo suoi amici se facciamo ciò che egli ci comanda, cioè se ci amiamo gli uni gli altri, non a parole, ma con la vita. Questo è certamente arduo e rischioso, perché se il modello dell’amore fraterno  è il suo amore per noi, la carità va dimostrata fino all’eroismo. La forza per realizzare tale amore ci viene dall’Eucaristia, da cui attingiamo « vita e fortezza », per avere il coraggio di amare. Amandoci vicendevolmente, come lui ha amato noi, attingiamo dall’amore del Signore la gioia divina e piena, otteniamo dal Padre ciò che gli chiediamo nel suo nome e portiamo frutti che rimangono.

Ultimo aggiornamento (Sabato 08 Maggio 2021 10:01)