7 MARZO – III  DOMENICA  DI  QUARESIMA. (Anno B)

Pur essendo peccatori, Dio non ci abbandona nelle nostre colpe: a tutti offre la sua misericordia, perché ha mandato il suo Figlio unigenito affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Nella preghiera iniziale di questa Domenica chiediamo a Dio di piegare « i nostri cuori ai suoi comandamenti e a donarci la sapienza della croce, perché liberati dal peccato, che ci chiude nel nostro egoismo, ci apriamo al dono dello Spirito per diventare tempio vivo del suo amore ».

Prima Lettura: Es 20,1-17.

I  comandamenti,  dati  da Dio ad  Israele, sono segno del suo amore e della sua alleanza con lui e il popolo vi deve corrispondere con impegno e fedeltà. Essi più che sentirli come un peso sono un  segno di liberazione, la condizione per poter vivere in comunione con Dio e nella fraternità tra gli uomini. Per esempio, la santificazione del Sabato, come rispetto del riposo per tutti, afferma il primato della dignità del lavoratore rispetto al sistema economico e produttivo. La loro osservanza significa vivere, dopo la schiavitù d’Egitto, come popolo libero, senza idoli e al servizio  di Dio in un rapporto di comunione, di adorazione e senza voler tentare di ridurre Dio piegandolo ai nostri bisogni.

Ancora. Vivere nell’ alleanza significa osservarli e rendere grazie a Dio per la creazione e per ogni dono che viene da lui, riconoscendo in lui l’origine di ogni cosa: della vita, dell’amore nella famiglia,  la partecipazione ai beni, la fiducia nella verità e la carità verso i fratelli. Nei comandamenti che riguardano i rapporti con gli altri viene contrastata ogni forma di ingiustizia, di prevaricazione e di violenza e disarmonia. Anche se i comandamenti sono normativi della vita del popolo, se sono vissuti in un contesto di amore profondo, sono  un codice di libertà e non di oppressione.

Seconda Lettura: 1 Cor 1,22-25.

San Paolo ai Corinzi ricorda che la croce del Signore più che essere insipienza e debolezza, così come pensano gli uomini, è invece secondo il giudizio di Dio, (del tutto diverso da quello degli uomini), la vera sapienza, la quale non è quella secondo i canoni greci, né secondo quelli giudaici fondata sui segni. Con la Croce Dio ha ricostituito l’armonia  della creazione, che il peccato aveva sfigurato, e, con Cristo risorto, vincitore dalla morte, l’ ha ritracciata di nuova bellezza divina. Attraverso la croce è stato vinto e sconfitto il male, mentre sembrava che ad essere sconfitto fosse stato Cristo, umiliato e oltraggiato nel fallimento di una morte che appariva scandalo agli occhi dei Giudei e stoltezza a quelli dei pagani. Per coloro che invece credono nel Cristo crocifisso, che Paolo e gli altri apostoli annunziano, sia per i Giudei che per i Greci, egli è potenza e sapienza di Dio: « Infatti ciò che è stoltezza  di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini ».

Vangelo: Gv 2,13-25.

Tutta quanta la creazione, compreso l'uomo creato ad immagine di Dio con i valori posti dal creatore nella coscienza, sarebbe dovuta essere in tempio della lode a Dio, in un rapporto di amore con lui. Ma il peccato porta l'uomo a deturpare questa creazione con comportamenti che non sempre sono conformi ai voleri del creatore.

Dio, però, vuole sempre, in diversi modi, riprendere il dialogo con gli uomini e attraverso Abramo e la sua discendenza, costituita storicamente nel popolo di Israele, che libera dalla schiavitù dell'Egitto e gli dà i Comandamenti sul Sinai, riprende il dialogo di comunione con gli uomini. Ma quante volte anche Israele si dà all'idolatria e alla infedeltà a Dio, attraverso un culto esteriore, di onore manifestato solo con le labbra ma con il cuore lontano dal Signore.

Così il culto che viene vissuto nel tempio, come ci riporta il Vangelo di oggi, induce Gesù a non tollerare che la casa di preghiera sia  ridotta ad un luogo di mercato e di traffici indecorosi, di commercio, di venalità e di esteriorità, per cui, preso dallo zelo per la casa del Padre, scaccia tutti fuori dal tempio e intima di portare via tutte quelle cose che rendevano il tempio   non più  luogo di adorazione e di lode  a Dio. Gli stessi animali che servono per i sacrifici, come  le pecore e gli agnelli, che prefigurano il popolo stesso della parabola del Buon Pastore e che vengono allontanati, esprimono il radicale cambiamento che vuole operare Cristo. Con questo gesto Gesù prefigura ciò che  accadrà al tempio di pietre e alla ricostruzione di un nuovo tempio, di cui egli sarà pietra angolare e i credenti in lui pietre vive fondate su di lui.

Nel nuovo tempio, come disse alla samaritana, si sarebbe dovuto adorare Dio in spirito e verità. Nel suo corpo e nella sua persona, che sarebbero state distrutti dalla passione e nella morte, al terzo giorno, con la risurrezione, sarebbe sorta una nuova realtà spirituale. Così il culto antico, con il suo aspetto idolatrico e le sue distorsioni religiose schiavizzanti, si sgretola, perché invecchiato e logoro.  Un cambiamento radicale, il superamento di una mentalità mercantilistica nel rapporto Dio-uomo viene sostituito con un nuovo ordine di cose: l’ordine dello Spirito e della verità di un nuovo tempio spirituale, in cui ricevere, tramite i sacramenti e la liturgia della Chiesa, non più cose materiali, ma i segni efficaci della grazia salvifica di Cristo.

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Ultimo aggiornamento (Sabato 13 Marzo 2021 11:04)