27 DICEMBRE – FESTA  DELLA  SANTA  FAMIGLIA

GESU’, MARIA  E GIUSEPPE.

La Chiesa celebra oggi la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, a cui la famiglia cristiana guarda, per realizzare lo stesso stile di vita. La famiglia di Gesù, pur nella sua singolarità, è presentata dalla Chiesa come « vero modello di vita » per imitarne le virtù e realizzare lo stesso rapporto che essa ebbe verso Dio e verso gli uomini. Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate a vivere nell’amicizia e nella pace con Dio e i genitori cristiani devono sentirsi partecipi della « fecondità dell’amore divino », mentre i figli devono « crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini come Gesù. Pur tra le prove della vita, le incomprensioni e le varie situazioni a cui si va incontro:  sofferenza, angosce e tribolazioni, le famiglie cristiane sanno che, come nella Famiglia di Nazareth, essi possono attingere

da essa esempio di vita e da Dio la grazia e la forza per vivere nella fedeltà gli impegni e i compiti a cui il Egli li chiama. L’Eucaristia, mensa che ci nutre tutti come figli di Dio, come noi crediamo rinvigorisce la nostra fede.

Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, pietà e grazia, rendendo lode al tuo santo nome ».

Prima Lettura: 1 Sam 1.20-22.24-28.

Al bambino che Dio concesse ad Anna, moglie di Elkanà, venne dato nome Samuele, « perché - lei diceva -  al Signore l’ho richiesto ». Anna, quando il marito, come ogni anno, si recò ad offrire il sacrificio per soddisfare al suo voto,  non andò dicendogli: « Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre ». Quando il bambino crebbe fu portato insieme ad un giovenco, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo. Ivi presentarono il fanciullo al sacerdote Eli e Anna gli disse: « Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore…Il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore ».

Così Anna cede al Signore, che autore e principio di ogni vita, suo figlio, il quale, non costretto nella scelta, si consacrerà a Dio con piena dedizione, adempiendo alla missione di giudice e profeta nel popolo d’Israele. Da ciò i Cristiani imparano che i figli appartengono a Dio creatore e che devono essere educati affinché essi prendano consapevolezza di Dio, sorgente della libertà e della riuscita perfetta della loro vita.

Seconda Lettura: 1 Gv 3,1-2.21-24.

San Giovanni ci dice in questo brano che l’amore di Dio ci ha fatti realmente suoi figli, « ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo perché quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è ». Esorta quindi ad avere fiducia in lui e, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, « qualunque cosa gli chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito ». Esorta, infine, a vivere il suo comandamento che è credere nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e amarci gli uni gli altri, secondo il suo precetto. Osservando i comandamenti si rimane nell’amore di Dio e che Dio è in noi lo conosciamo dallo Spirito che ci ha dato.

Questa condizione di figliolanza non appare ancora visibilmente e perfettamente. Ciò avverrà quando saremo introdotti nella stessa condizione del Figlio risorto, ma fin d’ora lo stile di vita del discepolo, cioè la pratica del l’amore a Dio e ai fratelli, mediante la carità teologale,  rivela questa figlio- lanza. Giovanni, nella sua concretezza, non annette valore alle parole, ma ai fatti, cioè all’osservanza del precetto della carità. La famiglia, come piccola chiesa domestica, è il luogo dove la testimonianza dei genitori fa crescere i figli in questa dimensione spirituale della vita.

Vangelo: Lc 2,41-52.

Luca ci racconta l’esperienza vissuta dalla santa Famiglia quando Gesù si smarrisce nel tempio, portato per la prima volta, secondo la consuetudine, nel tempio di Gerusalemme, all’età di dodici anni. Ritornando a Nazareth, dopo un giorno di cammino, Maria e Giuseppe si accorgono che Gesù non è con loro nella comitiva. Lo cercano tra parenti e conoscenti e  non trovandolo, tornano allora, angosciati e trepidanti, a Gerusalemme. Lo ritrovano, dopo tre giorni, nel tempio, seduto in mezzo ai dottori della Legge, mentre li ascoltava e li interrogava e chi lo ascoltava rimaneva stupito per la sua intelligenza e le sue risposte. Maria, allora, rivolta dolcemente al figlio dicendo: « Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavano ». E Gesù: « Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi  delle cose del Padre mio? ». Maria e Giuseppe non compresero. Allora Gesù, con loro, ritornò a Nazareth, stava loro sottomesso, e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini, mentre Maria custodiva nel suo cuore tutte queste cose.

Maria e Giuseppe ritrovano Gesù che ha già consapevolezza della missione che il Padre celeste gli ha affidato: compiere in pienezza la volontà del Padre.

Di questo disegno non tutto però è chiaro immediatamente, poiché non comprendono pienamente le parole dette da Gesù. Gesù non si ribella per questo e si prepara al disegno del Padre con la sottomissione a loro e con la crescita « in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini ».