25 Gennaio  -  III Domenica del Tempo Ordinario.

Nella Domenica, la Chiesa, sposa di Cristo, è invitata a vivere nella gioia l’incontro con il suo Signore che, come «sorgente inesauribile di vita nuova », si dona ad essa con tutto se stesso, con la sua Parola, con il suo Corpo e il suo Sangue. La Chiesa, con il pane e il vino, doni della Provvidenza divina, presenta la sua offerta che, trasformata dalla potenza dello  Spirito Santo  nel dono eucaristico, « sacramento di salvezza »,  ci viene ridonata dal Padre celeste come Corpo e Sangue di Gesù. La gioia del Signore diventa perfetta quando partecipiamo al convito eucaristico in tutta la sua pienezza: ricevuto il sacramento dobbiamo testimoniarlo con la vita, rendendolo, nella esistenza quotidiana, segno di salvezza e di speranza per noi e per gli altri.

Attuiamo così « l’urgenza di convertici a lui e di aderire con tutta l’anima al vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo », come diciamo nella Colletta iniziale dell’Eucaristia.

Prima Lettura: Gio 3,1-5.10.

Giona, anche se malvolentieri, dopo le peripezie a cui è sopravvissuto, si reca a Ninive per adempiere alla missione a cui Dio lo mandava: egli predica, percorrendo la città per tre giorni e annunziando il castigo di Dio, la conversione ai Niniviti, i quali ascoltano l’invito a cambiare la loro esistenza. All’annun-zio di Giona la risposta dei « non credenti » è esemplare e i « cittadini di Ninive cedettero in Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dallo loro condotta malvagia e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare e non lo fece ». Così il castigo preannunziato si trasforma in misericordia, perché Dio « non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva »(Ez 18,23).

La predicazione di Giona preannunzia la missione universale di Gesù, estesa al mondo intero che, fino ad allora, per la mentalità ebraica, era considerato sotto il segno della maledizione. Il Signore è disposto a fare con noi allo stesso modo, a darci il suo perdono se ci ravvediamo del male fatto e, se sinceramente pentiti, ci disponiamo con cuore contrito a cambiare la nostra vita, non per paura del suo castigo, ma per ricambiare il suo amore di Padre che, nel suo Figlio, ci ha donato il suo perdono e la dignità di figli adottivi.

Seconda Lettura: 1 Cor 7,29-31.

San Paolo esorta i Corinti a vivere sì le realtà del mondo ma non con lo spirito del mondo e secondo la mentalità di Cristo « d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscano, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la scena di questo mondo ».

Da ciò comprendiamo che non dobbiamo vivere  sfaccendati in questo mondo, né disprezzare le realtà che Dio ha creato nella loro bontà. Solo, dice Paolo, è necessario vivere distaccati da tutto, valutando tutto nella prospettiva di ciò che non passa mai e considerando la mutevolezza di tutto ciò che è transitorio. Ciò che resiste al tempo e alla transitorietà è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Le gioie e i piaceri della terra sono transitori; il cuore con i suoi affetti deve  essere rivolto al Signore e vivere la vita, anche nelle situazioni difficili e avverse,  secondo la mentalità di Dio, che in Cristo Gesù si è resa manifesta. La luce della Pasqua illumina la vicenda umana fatta di gioie e di dolori. Tutto deve acquistare un valore nuovo agli occhi di chi accoglie il messaggio di Cristo, la cui mentalità fa saltare certa scala di valori che  si rifà alla mentalità del mondo. Poiché il tempo della nostra esistenza è breve teniamo fissi i « nostri sguardi alle cose di lassù », ci dice ancora san Paolo.

Vangelo: Mc 1,14-20.

La missione di Gesù inizia con la proclamazione solenne del Vangelo di Dio: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo ». Aderire al progetto salvifico di Dio, nella storia dell’uomo, significa accettare il Cristo, mutando radicalmente la nostra esistenza, divenendo suoi discepoli, come lo sono diventati coloro che Gesù ha chiamato a seguirlo, passando lungo il mare di Galilea: Simone, suo fratello Andrea, i fratelli Giacomo e Giovanni e tutti gli altri,  che lasciando le loro reti, poiché erano pescatori o le loro attività, lo seguirono con prontezza e si legarono con profonda amicizia a Gesù. Tutti i cristiani, non tanto a parole ma accogliendo l’invito di Gesù che chiama, dovremmo seguirlo praticamente, determinando un’inversione di rotta alla nostra vita , seguendo il modo di agire e giudicare  di Gesù, che è tutto diverso da quello di chi non crede. La sequela di Gesù comporta un cambiamento radicale della nostra condotta, perché non si può essere veri suoi discepoli se non ci si è veramente convertiti a lui e creduto alla sua buona notizia: accogliere il perdono di Dio, che ci ha riconciliati al suo amore di Padre attraverso l’amore manifestatoci da Cristo, morto donando la sua vita per noi, e attuare il suo esempio « poichég  non c’è amore più grande di quello  di chi  dona la vita per la persona amata ».