4 GENNAIO – II  DOMENICA  DI  NATALE.

Il Verbo eterno si è fatto carne.

Nella vita di Cristo il Natale non è il mistero compiuto. Il disegno di grazia è pienamente attuato nella morte e nella risurrezione, in cui anche la natività, che è l’inizio della salvezza riceve senso e definitiva efficacia.

Non cessiamo di accogliere in festa e contemplare gioiosi il Figlio di Dio come redentore.

Nessuno amerà mai un uomo  con l’intensità con cui Dio lo ama. E’ tempo, quello natalizio, per ripensarci e allora si ravviva la carità e anche  si riaccende il sentimento della presenza e della compagnia di Dio nelle nostre singole esistenze, facilmente esposte a rinchiudersi nell’avvilimento e nella solitudine; talora persino a lasciarsi sopraffare dalla coscienza del peccato, per la dimenticanza che nel Natale di Cristo siamo redenti e giustificati e che siamo uomini « che Dio ama ».

La liturgia della Parola, oggi, ci fa riflettere sull’origine eterna di Cristo e sul significato che la sua venuta ha per l’umanità. Egli è la Sapienza dell’ Antico Testamento, il Verbo di San Giovanni che si è fatto carne e in lui il Padre ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi.

La realtà salvifica nel progetto di Dio.

In questa domenica meditiamo, partendo dalla Parola, sul dispiegarsi del progetto salvifico di Dio, iniziato dall’eternità. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni, partendo dall’evento della nascita di Gesù, risaliamo alla sua origine divina ed eterna: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio », per cui viene affermata la divinità del Logos, il quale si è fatto carne in Gesù, che è Dio, uguale al Padre nella Trinità divina, distinto e non separato dal Padre.

Prima Lettura: Sir 24,1-2.8-12.

Anche il Siracide fa risalire all’eternità l’esistenza della Sapienza, la quale parla di sé, della sua origine e di ciò che compie e prende dimora nella nostra storia, poiché, come dice Giovanni, “ il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi ”. La Sapienza ha posto la sua stabile dimora in mezzo a noi con l’incarnazione del Figlio di Dio, generato dal Padre fin dall’eternità. L’Antico Testamento aveva già presentato la strada della salvezza, che è dono di Dio e frutto dello Spirito Santo.

A suo tempo infatti manderà il suo stesso Verbo, cioè Gesù Cristo, tra gli uomini.

  Seconda Lettura: Ef 1,3-6.15-18.

Per Paolo, il piano eterno si salvezza, realizzato nel tempo, fin dall’eternità ha i suoi effetti nella vita degli uomini: fin dall’eternità, « prima della creazione del mondo », Dio ci ha scelti, benedetti e predestinati ad essere suoi figli adottivi in Gesù, il Figlio suo diletto, e quindi per vivere nella santità e nella grazia che riceviamo da Cristo. La festa natalizia ravviva la consapevolezza della nostra vera vocazione e la nostra conoscenza di Cristo, perché in Lui, Figlio unigenito, che si abbassa, accettando di farsi uomo, solidarizzando con noi e offrendosi in sacrificio per i nostri peccati, si radica l’amore misericordioso del Padre per gli uomini.

Vangelo: Gv 1,1-18.

« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’Evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio è Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo  e non in apparenza.

Davanti al progetto di Dio l’uomo liberamente può rispondere accettando o rifiutando di parteciparvi, perché, pur essendo “ il mondo stato fatto per mezzo del Verbo, il mondo non lo ha riconosciuto” e “venuto tra i suoi, i suoi non lo hanno accolto “.

A quanti lo accolgono nella fede, credendo nel suo nome, Dio dà il potere di diventare suoi figli, venendo generati a tale dignità, non da sangue, né da volere di carne né da volere di uomo, ma dall’amore di Dio, a cui bisogna rispondere purificandosi sempre più e conformandosi a Cristo, suo Figlio.

Paolo, scrivendo agli Efesini, ringrazia Dio per la loro fede e la loro carità e lo prega perché doni loro «uno uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui »(Ef 3,17). E ancora: «ilillumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi » ( Ef 3,18).

Celebrare il Natale di Gesù significa comprendere quali risvolti siamo chiamati a dare alla nostra esistenza, aprendoci alla gioia di avere la solidarietà di Dio nella nostra debolezza e alla speranza di partecipare alla stessa eredità di Gesù.