14 SETTEMBRE – XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO.

Il Dio crocifisso, per chi crede in lui, ridona la Vita.

Cristo con la sua croce ha redento il mondo e ciò sembra agli occhi di questo mondo qualcosa di inconcepibilmente paradossale: che un Dio abbia potuto esprime il suo amore per l’uomo attraverso la morte in croce del suo Figlio, fattosi uomo. Così un segno di umiliazione, di sofferenza e di morte diventa segno di liberazione dal peccato, di vita rinnovata dell’umanità nella comunione con Dio, di glorificazione del Figlio e promessa di salvezza e di risurrezione per gli uomini: « Dio nell’albero della Croce ha stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita ». Così, anche in noi, la vita divina si rinnova quando nella fede e nella speranza della Croce, cioè nelle sofferenze  e in comunione con le sofferenze  e il dolore redentivo di Cristo, ne diveniamo partecipi. La Croce, in cui  il Signore è stato confitto,  non dobbiamo ridurla  a simbolo culturale o ornamentale ma segno di cui gloriarci, perché, guardando il Dio crocifisso e ed immedesimandoci nella sua passione, possiamo essere nella fede salvati.

La croce del Signore, dice san Paolo, come supplizio e patibolo, che infligge sofferenza e morte, irrisa da chi ha fortemente contrastato il cristianesimo, su cui anche oggi vengono condannati dei cristiani, è stata considerata, allora  come anche dagli uomini di oggi,  uno scandalo e una stoltezza di cui vergognarsi più che gloriarsi. Ma in questo albero, attraverso l’obbedienza del Figlio, Dio ha stabilito la salvezza dell’uomo, in contrapposizione all’albero per cui, per la disobbedienza del primo uomo, questi aveva interrotto il rapporto con il creatore.

Spesso, davanti all’agire di un Dio che per mezzo del suo Figlio crocifisso ha ridato all’uomo la salvezza o davanti alla sofferenza degli innocenti, l’uomo si chiede: « Cosa fa Dio di fronte al male che l’uomo compie e di fronte alla sofferenza?  Perché non ferma la mano di chi compie il male ? Non poteva Dio evitare che il Figlio  morisse, o che agli ’uomni, specie agli innocenti, non capitino sofferenze e morte?». Gesù, Parola che il  Padre rivolge all’uomo, che sale sulla croce per amore al Padre e all’uomo, è la risposta definitiva di Dio al male e al male morale dell’uomo.  Attraverso la sofferenza e la morte, Gesù con la potenza della sua resurrezione ha vinto il male e la morte, la quale credeva di aver ucciso il Figlio di Dio, ma aveva, come dice un autore antico, ingoiato il « Dio della vita »: così il male e la morte sono stati sconfitti per sempre.

Tutto questo mistero di salvezza, incomprensibile per l’uomo, che davanti al male ricevuto pensa subito alla vendetta, per Dio è espressione di amore che Egli ha per le sue creature, poiché non tollera che l’uomo creato per amore a sua immagine, potesse essere lontano dal suo amore di Creatore e Padre. La risposta di Dio al male non è rispondere con il male, ma con il perdono, per cui Gesù dalla croce esclama: « Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34) e san Paolo ripete: « Se i dominatori di questo mondo avessero conosciuto il mistero della sapienza di Dio », realizzatosi in Gesù, suo Figlio, « non avrebbero crocifisso il Signore della gloria » (1Cor 2,7).

Prima Lettura:  Nm 21,4-9.

Nel serpente di bronzo che Mosè per ordine di Dio eleva sopra un’asta, per essere segno di guarigione per gli Ebrei che nel deserto, ribellatisi a Dio, per punizione, sono morsi da serpenti velenosi e solo guardandolo sarebbero stati risanati, è preannunziata l’elevazione da terra di Colui che ha detto: « Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me », cioè di Cristo crocifisso che, prendendo su di sé le nostre iniquità, ci avrebbe risanato dai morsi del peccato e del maligno.

Seconda Lettura: Fil 2,5-11.

San Paolo, in questa celebrazione della Esaltazione della Santa Croce, ci ricorda che  essa è per il seguace di Cristo, non motivo di vergogna o ignominia, ma di gloria, perché per mezzo di essa, Gesù Cristo, pur essendo di condizione divina, nel suo essere come Dio, si è abbassato, annientato e assumendo la condizione di servo, … si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Ma dal Padre egli è stato esaltato e ha ricevuto un nome davanti al quale ogni ginocchio deve piegarsi e ogni lingua deve proclamare che « Gesù Cristo è il Signore », a gloria di Dio Padre.

Così il cristiano è esortato da Paolo ad  avere gli stessi sentimenti di Cristo per proseguire il suo spirito e il suo metodo, portando la croce insieme a lui, perché solo così si potrà giungere alla sua stessa gloria.

Vangelo: Gv 3,13-17.

Giovanni nel suo Vangelo fa risaltare fortemente il parallelo tra il serpente elevato da Mosè e Cristo, il Figlio dell’uomo innalzato sul legno della croce, da cui attira tutti a sé con il suo abbraccio misericordioso. Ma è necessario avere  fede in lui, Dio crocifisso, se si vuole avere la vita eterna. Solo credendo, dice Gesù a Nicodemo, che il Padre, nel suo grande amore per gli uomini, ha mandato il suo Figlio unigenito e, se si crede in lui, si può avere la vita eterna.

Il Figlio infatti è stato mandato dal Padre nel mondo perché questi sia salvato.