XVIII  DOMENICA DEL  TEMPO  ORDINARIO.

Gesù soddisfa il nostro desiderio di Dio.

Le realtà terrene, di cui l’uomo ha bisogno, come il cibo, la casa, il vestito, sono certo necessarie, ma anche l’amore, la speranza, la gioia, sono realtà che desideriamo e perseguiamo con tenacia. Che tipo di fame noi abbiamo? Chi è benestante non esaurisce spesso nel cibo, nei beni  terreni, nel denaro, nel sesso, nell’apparire il suo orizzonte esistenziale?

Dio solo, vuol dirci Gesù moltiplicando i pani, appaga la fame dell’uomo; non solo la fame di cibo, ma anche quella spirituale attraverso la sua parola, le realtà divine, poiché Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, e ci insegna così che non possiamo limitarci al solo orizzonte terreno.

Davanti alle diverse forme di fame che l’uomo sperimenta e che Dio può soddisfare, la Chiesa ci ricorda che, non possiamo deresponsabilizzarci di fronte ai bisogni dell’umanità, standocene con le mani in mano, aspettando tutto da Dio, perché la sua provvidenza giunge all’uomo attraverso la giustizia, la uguaglianza e la solidarietà economica tra i popoli e, in supplenza, attraverso  la carità, come dice Gesù ai discepoli: « Voi stessi date loro da mangiare ». Davanti alla nostra indigenza, come a quella sperimentata dagli apostoli, segno dell’incapacità umana di soddisfare le necessità dell’umanità, Gesù che moltiplica i pani, come il nuovo Mosè che guida il popolo e lo sazia in « un luogo deserto », dice: « Portatemi qui i pani che avete »: così la nostra povertà è resa sovrabbondante dalla potenza di Dio.

Prima Lettura: Is 55,1-3.

Il banchetto dell’era messianica.

Come la provvidenza di Dio, nei quarantanni del deserto, venne incontro al popolo ebraico, così il profeta Isaia ai deportati di Babilonia, preannunzia le promesse di Dio, che sfamerà gratuitamente il suo popolo: « O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? » (Is 55,1-2).

Un’acqua che disseta  e un cibo gratuito e buono è ciò che Dio promette al popolo degli esiliati : meglio, a quelli che tornano a lui con la conversione e con l’ascolto  della sua parola. L’alleanza vera, nonostante le apparenze, non è distrutta. Anzi Dio ne promette una eterna.

Il profeta, quindi, non si riferisce solo al cibo materiale, ma anche alle realtà spirituali della dignità, della speranza di libertà di cui quello è simbolo, che Dio realizzerà rinnovando l’alleanza fondata, non sui meriti o la fedeltà del popolo, ma sul suo amore: « Io stabilirò per voi un’alleanza eterna »(Is 55,3).

Dietro il linguaggio immaginoso sta la realtà della grazia che viene elargita  quando l’alleanza è stabilita da Dio nel suo stesso Figlio  che, nel suo ministero, pone la sua opera a sfamare nel deserto la folla in maniera gratuita e sovrabbondante, nel suo  Sangue pone una inscindibile comunione con il Signore e  imbandisce il banchetto dell’Eucaristia, dov’è distribuita la vera sapienza ed elargito il dono dello Spirito, la vera acqua che disseta per sempre e che sgorga dal cuore di Gesù.

Seconda Lettura: Rm 8,35.37-39.

Il legame, che unisce il cristiano  a Gesù Cristo è talmente forte, che non c’è condizione, pur difficile o disagevole che  sia, che valga a scioglierlo.

Gesù è il segno assoluto dell’amore di Dio per gli uomini. E’ un amore forte quello di Dio, datoci nel suo Figlio, per cui Paolo ci ricorda che nessuno « Potrà separarci dall’amore di Cristo »,

C’è poi la forza di « colui che ci ha amati ». Questo amore divino resiste davanti a qualsiasi aggressione, davanti al tentativo di qualsiasi creatura e in tutte le difficoltà  « noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati … né morte né vita … né presente né avvenire … né alcun altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù » ( Rm 8,39).

Si tratta di credere a questa carità, che ci precede e che ha trovato la sua manifestazione in Cristo.

 

Vangelo: Mt 14,13-21.

Gesù, dopo aver appreso della morte di Giovanni il Battista, si ritira nel deserto e la gente lo cerca, lo segue, lo trova, perché spera di poter essere soddisfatta nel bisogno di una guarigione, nei desideri e nelle varie attese, anche se non sempre tutte queste cose corrispondono a ciò che Gesù rivela di sé e di Dio. L’uomo, ma soprattutto il credente, deve valutare e vagliare se i propri desideri o le proprie attese corrispondono a ciò che Dio vuole da  lui e, per il cristiano, se sono conformi alle istanze evangeliche.

Gesù, vedendo tutta quella folla che lo seguiva ormai da più giorni, « sentì compassione per loro », non resta indifferente, mette al servizio dell’umanità la sua potenza, guarendo i malati e moltiplicando i pani. Manifesta così la sollecitudine fattiva di Dio per l’uomo. Fin dall’inizio della  sua attività, Gesù ha guarito malati, scacciato demoni, rivelando che la potenza di Dio è più forte del male, che pur manifestando dopo la tragedia del peccato originale,  il suo dominio sull’uomo, Dio però non ha abbandonato l’uomo. Come attesta la storia biblica e la vita di Gesù, Dio non accetta, né permette, né sopporta  il male che affligge l’uomo, così come dimostra tutta l’attività di Gesù e la sua stessa morte, che viene vinta dalla sua risurrezione.

Ma dietro al miracolo, già intravvediamo l’istituzione dell’Eucaristia, dove Gesù stesso è il Pane della vita per  la Chiesa lungo il cammino, nel tempo del suo esodo. Il miracolo della moltiplicazione dei pani si rinnova, a livello ancora più sorprendente e portentoso, ogni volta che prendiamo parte alla mensa del Signore, specialmente nel giorno che commemora la Pasqua.

Non basta, però, offrire al Padre il sacrificio della croce, cioè Gesù, la vittima assolutamente gradita al Padre. Bisogna a nostra volta entrare realmente a far parte di quell’offerta. L’Eucaristia deve trasformare « in offerta perenne tutta la nostra vita ». E’ questo che devono manifestare i segni del sacrificio di Cristo, diventato nostro sacrificio. Ogni aspetto dell’esistenza deve portare le impronte della carità di Cristo, anche il lavoro e l’attività quotidiana, svolti con spirito di carità e fraternità verso   « i poveri e i sofferenti » a imitazione di Cristo, e con impegno di dialogo e di servizio verso tutti gli uomini.