22 Giugno – Solennità del Corpo e Sangue  di Gesù.

Nella sua fedeltà il Signore, dopo aver liberato il popolo d’ Israele dall' Egitto, averlo condotto lungo il deserto, accudito, nutrito, non è venuto meno alla volontà salvifica a favore dell’uomo, pienamente manifestata in Gesù Cristo che, con il suo Corpo e il suo Sangue, nutre i credenti, realizzando un tangibile legame d’amore tra questi e il Padre.

La Chiesa del Signore, come comunità, non può dimenticare la sua dimensione comunitaria, in cui la fede è vissuta e celebrata, specie nella Eucaristia, che è il « memoriale della Pasqua » del Signore Gesù, morto e risorto. Memoriale vuol dire non un semplice ricordo ma una presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore. Celebrando l’Eucaristia noi offriamo il sacrificio della nuova alleanza, ripresentiamo l’immolazione della croce, dove Gesù s’è offerto, Agnello senza macchia. L’altare è anche la mensa della sua cena: vi attingiamo il cibo per il « viaggio della nostra vita », in attesa di essere ammessi al convito del regno eterno.

All’ altare ci riconosciamo fratelli, uniti in « assemblea festosa » a rendere grazie a Dio, che nel sangue di Cristo ci ha creato come suo popolo, legato nella medesima fede e dall’ identica unità e carità, rappresentate nell’ unico pane  e nell’ unico calice. Nell’ Eucaristia riceviamo lo Spirito che scaturisce dal Corpo di Cristo e la purificazione di ogni colpa.

Tutto questo deve farci fugare i rischi di considerare la comunità in termini psicologici, o ridurla come gruppo aggregato con dimensione solo affettiva o emotiva, per colmare situazioni compensatorie nelle proprie fragilità: una tale comunità rischierebbe di produrre un gruppo di immaturi che cercano un ovattamento alla vita; oppure percepire la comunità in termini sociologici, perché l’affermazione conciliare sulla Chiesa, come « popolo di Dio », è da intendersi in maniera teologica non sociologica, costituita con votazioni o referendum: esso è l’insieme di coloro che credono, celebrano e praticano la fede cristiana, pur con le loro fragilità.

Infine bisogna evitare un ultimo rischio che è quello di considerare la Comunità come aggregazione per eventi o iniziative di tipo organizzativo, con poco dispendio di energie e con scarsa intensità  di comunione spirituale.

Non si può parlare di comunità senza parlare di « comunione », come relazione spirituale e di amore fraterno, che lega sia i presenti come anche coloro che per motivi svariati non possono essere presenti. La comunione trova il suo fondamento nella relazione che ognuno ha con Cristo, e solo questo fa la comunità cristiana. Vi sono infatti tante forme di comunità, ma solo la prerogativa testé esposta realizza una « comunità cristiana ».

L’Eucaristia che rimane dopo la celebrazione della Messa è presenza reale di Cristo, che avvera la promessa di Gesù di non lasciare più la sua Chiesa. Al Cristo del tabernacolo va la nostra adorazione e il nostro culto.

Prima Lettura: Dt 8,2-3. 14-16.

Nell’ arduo cammino del deserto, Dio non ha lasciato mancare al suo popolo il nutrimento. Provato dalla fame, quel popolo fu sostenuto da un cibo singolare, la manna, segno della provvidenza potente e amorosa di Dio.

Così come fu provvidenziale  l’acqua straordinariamente sgorgata  dalla roccia arida e dura. Veramente Dio non abbandona mai nessun uomo, fosse il più umile e piccolo. In particolare è vicino alla sua Chiesa con la provvidenza dell’Eucaristia.

Seconda Lettura: 1 Cor 10,16-17.

Prendendo parte al calice entriamo in comunione con il Sangue di Cristo; e spezzando e mangiando il pane eucaristico assumiamo il Corpo reale di Gesù.  Dunque non si tratta di puri simboli, che accennano da lontano a Gesù: « L’Eucaristia è il Signore, che dona la sua vita per noi; in essa noi lo riceviamo veramente ». Ma l’Apostolo Paolo mette in particolare in luce una conseguenza: se unico è il pane che spezziamo, se unico, quindi, è il Corpo di Gesù, allora noi siamo intimamente uniti, gli uni agli altri.

Siamo molti: ognuno con la propria personalità, la propria fisionomia esteriore e interiore, la propria storia e il proprio temperamento, e tuttavia formiamo come un solo corpo. Non siamo reciprocamente estranei, ma intimamente uniti. Per questo ci dobbiamo amare. E’ il frutto e l’impegno dell’Eucaristia.

Vangelo: Gv 6,51-58.

La comunità del Signore si caratterizza per la comunione che i credenti in lui pongono attorno alla sua presenza, reale e non simbolica,  nell’Eucaristia.  Le sue parole, come leggiamo nel Vangelo di questa solennità: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », ci dicono che l’assimilazione della carne e del sangue di Cristo, rendono presente Gesù nel credente  e viceversa. Certo le parole “mangiare ” e “ bere ” non sono da intendersi in senso naturalistico, ma vanno intese in senso sacramentale, in quanto mangiare il pane e bere il vino, che per la potenza dello Spirito di Dio, sono trasformati nel Corpo e Sangue di Cristo, rendono presente in noi il Cristo-Dio, e sono “ segni efficaci ”, che compiono ciò che dicono. La partecipazione a questi segni sacramentali è partecipazione da parte nostra agli effetti della passione e al dono della pienezza della vita che Gesù ci comunica.

Adesso il pane che ci nutre, come credenti e come figli di Dio, è la carne, quindi la persona, di Cristo, il quale si offre per noi. Entriamo infatti in profonda comunione con il Corpo e il Sangue di Gesù. Solo così abbiamo la vita, quella vera, che non si logora e che non è destinata ad esaurirsi e a spegnersi. L’Eucaristia ci dona la vita stessa del Padre e del Figlio, Gesù. Grazie all’ Eucaristia e alla vita che in essa riceviamo, a differenza degli antichi ebrei, saremo sottratti all’ esperienza della morte, perché, sostenuti da questo nutrimento lungo il cammino terreno, possiamo giungere alla “ terra promessa ” del Regno celeste.  Nell’ Eucaristia già riceviamo il germe della risurrezione e conformazione al Signore che ha vinto la morte. Concludendo, solo dalla comunione con Cristo viene la vera comunione nella comunità che le permette di essere, nell’ og- gi, profezia e annunzio del Regno futuro. Tutto il resto può rendere visibile la comunione nella comunità, ma se manca il centro, cioè Cristo, la Chiesa fallisce  lo scopo per cui il Signore l’ha posto nel mondo.