8 Giugno – Domenica di  Pentecoste.

Lo  Spirito vi renderà miei testimoni.

In questa solennità, che porta a compimento il mistero pasquale,  per i credenti e per tutti coloro che lo accolgono, si realizza ciò che Gesù promise nell’ultima Cena, assicurandoci che non ci avrebbe lasciati soli, ma che avrebbe, salito al Padre, inviato Il Consolatore, lo Spirito di verità. Lo Spirito, in questa liturgia, ci invita a vedere l’opera di Dio nel mondo e ci illumina, esorta e ci da la forza di corrispondere al suo amore, portando ad una maggiore pienezza il cammino di fede. Questo giorno ricorda e attualizza, in ogni tempo e latitudine, la Pentecoste,  il tempo nuovo della Chiesa, che accoglie lo Spirito e i suoi benefici effetti nella sua vita.

Così la Chiesa, corpo di Cristo, è sostenuta ed è fatta crescere dallo Spirito, meritato da Gesù in croce e inviato da lui risorto nel giorno di Pentecoste. Dove c’è lo Spirito  là è presente il Signore e la comunità della nuova alleanza, a cui sono aggregati  tutti i popoli; là è in atto il mistero pasquale. Come afferma il prefazio: « Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale  e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo ». In ogni sacramento agisce lo Spirito Santo. Ma lo Spirito è destinato ad inabitare  dentro di noi come alito di vita, a essere il suggerimento  e l’impulso alle nostre azioni.

Dobbiamo essere accesi dal fuoco di questo Spirito, che si alimenta ad ogni comunione  col Corpo e Sangue del Signore, e che si rivela nella « carità ardente » di cui parla l’orazione sulle offerte della Messa vespertina. E’ così che lo Spirito rinnova  il prodigio dell’unità che raccoglie gli uomini dispersi e che trasforma qualitativamente le nostre azioni, facendotjci agire secondo  la volontà di Dio. E’ allora che  egli ci consola nell’intimo.

Quando si parla della vita « spirituale » si intende  una vita che abbia come maestro e come suggeritore lo Spirito Santo, che ridesterà i nostri corpi per la risurrezione. Non è una cosa complicata  o eccezionale lasciarci condurre da lui. Dev’essere il fatto semplice e sereno – e pure tanto straordinario – di ogni giorno.

Ancora. Il significato dell’evento di Pentecoste è riassunto dalla colletta della Messa:« O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra  i doni dello Spirito Santo ». E’ lo Spirito Santo che anima la comunità cristiana, che porta e rende efficace  il Vangelo di Gesù Cristo, che ci inizia alla conoscenza  del suo mistero. E’ lo Spirito che ci fa crescere nelle opere di giustizia , quelle che si compiono per la sua ispirazione ed energia dopo che ci ha rinnovato il cuore e lo ha reso giusto. La solennità di oggi – che conclude quel lungo e meraviglioso  tempo  pasquale  che ci ha intrattenuto  a meditare ed approfondire il mistero della morte e risurrezione del Signore – ci offre la prospettiva secondo la quale ormai dobbiamo vivere, ogni giorno dell’anno liturgico,   l’impronta  della morte e risurrezione del Signore, della vita nuova  sorta dallo Spirito che ci conduce, ci fa agire e ci prepara alla conformità con il Signore risorto.

Prima Lettura: At 2,1-11.

I discepoli di Gesù sono stati obbedienti. Hanno atteso lo Spirito Santo promesso, che appare nel segno del fuoco e della parola: « apparvero lingue come di fuoco ». Venuto lo Spirito incomincia l’evangelizzazione , l'annunzio delle « grandi opere di Dio », che si riassumono nell’avvenimento della morte e della risurrezione di Gesù. Ciò che sorprende è che ognuno sente la gioiosa proclamazione  nella propria lingua, pur essendo dei Galilei a parlare. L’insolenza della torre di Babele e il castigo della confusione sono vinti con la proclamazione del Vangelo. La fede, pur volgendosi a popoli, lingue, tradizioni diverse, crea l’unità, perché tutti sono chiamati a diventare figli di Dio. E’ il tema del prefazio: « la confusione che la superbia aveva portato tra gli uomini è ricomposta in unità dallo Spirito Santo ». Esaminiamoci se siamo cooperatori di unità o se invece fomentiamo la discordia; se, rompendo il cerchio che ci chiude in noi stessi, sappiamo uscire verso gli altri e quindi creare comunione.

Seconda Lettura: 1 Cor 12,3-7.12-13.

San Paolo descrive quali sono le funzioni dello Spirito Santo. La prima, e fondamentale, è che, sotto la sua azione, noi possiamo riconoscere che Gesù di Nazaret è il Signore, il Figlio di Dio risorto e glorioso. Lo Spirito Santo ci disvela l’intimo mistero di Cristo. Dall’unico Spirito poi derivano i vari carismi, i diversi doni della Chiesa: diversi come espressione ma tutti aventi, con la stessa origine, l’identico fine di edificare la comunità cristiana.  L’apostolo quindi offre alla Chiesa i criteri per riconoscerli in ogni situazione: nessuno li possiede tutti, ma ciascuno ne possiede qualcuno. Il criterio più importante è che sono doni dati non perché servano alla nostra vanagloria, ma al « bene comune »: se edificano  e fanno crescere la comunità sono dallo Spirito, come avviene delle diverse membra del corpo, con le svariate funzioni, tutte destinate al benessere del corpo; se invece dividono, frazionano, creano partiti e gruppi di pressione, se smembrano la comunità, non sono dallo Spirito. Non  bisogna farsi affascinare troppo dai carismi più evidenti, perché possono esserci carismi grandi e importanti nell’ordinarietà della vita e che spesso vengono sottovalutati. Determinante è quello della fede: « nessuno può dire: “ Gesù è il Signore ”, se non sotto l’azione dello Spirito »( 1 Cor 12,3).

Con il Battesimo nell’identico Spirito formiamo « un corpo solo », dove le distinzioni sono secondarie.

Questa considerazione di san Paolo ci spinge a collaborare con generosità e con gratuità nella comunità cui apparteniamo, non guardando all’interesse o al ricavo personale come unico scopo del nostro lavoro; a mettere volentieri in comune i doni che Dio ci ha fatto; e a far contenti gli altri. Sono infiniti i modi con cui possiamo vivere la dimensione comunitaria della fede e della esperienza cristiana.

Vangelo: Gv 20,19-23.

Secondo Giovanni la stessa sera di Pasqua Gesù risorto effonde sui discepoli lo Spirito Santo. Ormai Gesù era stato glorificato, e quindi aveva il potere di effondere il Dono di Dio per eccellenza, il « primo Dono » ai credenti.

Questa effusione pasquale dello Spirito sugli apostoli e il racconto della Pentecoste, pur essendo episodi diversi, realizzano la promessa fatta da Gesù nella Cena: di non lasciarli orfani e di inviare lo Spirito. E se l’episodio pasquale, a porte chiese, vuole,  con il dono dello Spirito, far allontanare dagli apostoli la paura e l’incredulità, assicurando loro la presenza costante di Gesù nella loro vita  e in quella della comunità, la Pentecoste, rende presente il Dono per tutti gli uomini, che così potranno essere radunati  da ogni parte del mondo in unità, esprimendo  la molteplicità dei linguaggi con cui sarebbe stato annunciato e testimoniato il Vangelo della salvezza universale, operata da Gesù e attuata, per il ministero della Chiesa,  dallo Spirito del Signore.

Gesù, con il dono della pace pasquale, augurata ai discepoli mostrando le sue piaghe, vuole mostrare che la via della passione, assunzione del male che affligge l’uomo, e della risurrezione, sconfitta totale e definitiva di esso, è il percorso che deve essere seguito per conseguire la pace vera, quella che solo lui può dare e non come la dà il mondo.

Augurando per la seconda volta la pace ed effondendo lo Spirito, Gesù vuole   consegnare alla Chiesa il principio per la remissione dei peccati: come conseguenza della sua vittoria sul male, donare la pienezza di ogni benedizione divina e il potere di perdonare i peccati, perché il male, i conflitti e le tribolazioni non possono rendere inefficace la salvezza, che è dono e nella quale riposa la speranza cristiana.  La Chiesa, quindi, è servizio dello Spirito per il perdono. Potrà anche non rimettere i peccati, quando manchi la conversione del cuore, senza della quale la porta allo Spirito rimane chiusa.

Gesù, soffiando lo Spirito e richiamando l’azione creativa di Dio della Genesi, instaura nei discepoli e nel mondo una nuova creazione, inaugurata dalla sua risurrezione, di cui godono e fanno parte per grazia tutti coloro che credono. Con lo Spirito donato inizia, come continuazione della sua, anche la missione della Chiesa, che si esplica nell’annunzio del perdono di cui ha fatto esperienza. Questa missione inizia con la Pentecoste, nuova effusione dello Spirito, quando gli apostoli parlano varie lingue e tutti i presenti odono e comprendono il messaggio da loro annunziato: unico  e uguale nei secoli ma esprimibile in modo che possano comprenderlo, perché destinato a tutti, anche se ognuno dovrà sentirselo dire in modo a lui comprensibile. Spetta poi agli evangelizzatori essere creativi ed esprimerlo con modi e formule adeguate ai tempi.

Molti sono i modi con cui possiamo invocare e ricevere lo Spirito del Signore, ma dall’Eucaristia – sacramento del Corpo di Cristo – continua in particolare a esserci dato lo Spirito di Gesù. Nell’orazione dopo la comunione chiederemo: « la partecipazione alla tua mensa, o Padre, ci comunichi il fervore dello Spirito ». Del resto è lo Spirito Santo che rende presente Gesù Cristo nell’Eucaristia.

Ultimo aggiornamento (Sabato 07 Giugno 2014 17:31)