13 Aprile – DOMENICA DELLE PALME.

Con la domenica delle Palme – l’ingresso di Gesù in Gerusalemme – si apre la Settimana Santa, la principale di tutto l’anno liturgico.

Essa è la più ricca delle memorie dei misteri della redenzione: la passione, la morte, la sepoltura, la risurrezione del Signore. La comunità cristiana è chiamata  a raccogliersi frequentemente:

-      per l’ascolto della Parola di Dio, che rievoca, dalla Bibbia, i grandi momenti della nostra

salvezza;

-      per la preghiera, risposta riconoscente e piena di lode ai gesti della misericordia divina;

-      per la celebrazione dell’Eucaristia, che è il sacramento dove ritroviamo, nei segni del pane e

del vino, il Corpo di Gesù offerto per noi e il suo sangue effuso per la remissione dei peccati;

-      per la solenne adorazione dellA croce del Venerdì Santo;

-      per la solenne Veglia di Pasqua.

Gesù, condividendo la nostra fragilità umana, attraverso la sua umiliazione, il dolore, la sofferenza e la sua passione, ci ha insegnato a superare questi limiti, accogliendo la volontà salvifica di Dio nell’obbedienza della croce e confidando nella forza che viene da Lui e non nelle nostre forze.

Sono giorni di passione della Chiesa, che rivive in sé i dolori di Cristo; giorni di raccoglimento e di silenzio, nella meditazione del disegno sorprendente e stupendo  del Figlio di Dio che ci ha amati fino a morire in croce; giorni di speranza, perché il Male è stato vinto definitivamente e alla morte si è sostituita la risurrezione; giorni, quindi, di serenità e di gioia, via via che scopriamo la forza della carità che ci ha riscattato e della vita nuova che esce dal sepolcro di Gesù, inizio e germe di vita risorta per tutti gli uomini.

In questa domenica delle Palme, che è come varcare una soglia, dal clima della quaresima a quello più intimo e solenne della Settimana Santa,  ripercorriamo spiritualmente l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. per  entrare poi nel Triduo pasquale, in sintonia col mistero della Morte e Risurrezione del  Signore.

Riviviamo gli eventi della salvezza facendo esperienza della grazia ricevuta già una volta nel battesimo; riscopriamo il significato della passione del giusto innocente, per continuare a fare tesoro dei meriti salvifici di Cristo, evitando  che il ripercorrere gli eventi della passione ci coinvolga solo superficialmente.

Quello celebrato in questa domenica  è un evento glorioso per Cristo acclamato come il re d’Israele, che viene nel nome del Signore. Ma, insieme, questa gloria e regalità di Cristo è solo preannunciata: Egli deve prima passare attraverso la passione. Con questa domenica si apre la Settimana Santa in cui Gesù apparirà  come il Servo umiliato fino alla morte, che « consegnandosi a un’ingiusta condanna, porta il peso dei nostri peccati » e nella sua morte lava le nostre colpe.

La processione osannante di oggi, con i suoi canti e la sua festosità, non deve farci dimenticare che alla risurrezione non arriveremo  per via diversa da quella  che passa per il Calvario.« Chie- diamo la grazia di seguirlo  fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione ».

Gesù entra in Gerusalemme non con la prepotenza ma con l’umile mitezza. Viene accolto festosamente. Ma non illudiamoci troppo: dopo pochi giorni non mancherà chi lo vorrà crocifisso. Gesù va accolto nel cuore e imitato nel suo doloroso cammino. Soltanto così non lotradiremo mai.

Egli entra come un re nella città santa, e il suo dono è la pace. Noi ci affatichiamo invano di ottenerla se non dominiamo i nostri istinti di prepotenza, se non riconosciamo in  Gesù, che cavalca umilmente un puledro, lo stesso Figlio di Dio, venuto a riconciliarci  con il Padre e tra noi.

La Settimana Santa ha per scopo la venerazione della Passione di Gesu Cristo dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.

Le ferie della Settimana Santa, dal lunedì al giovedì, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni.

Il Giovedì della Settimana Santa, al mattino, il vescovo, celebrando la Messa col suo presbiterio, benedice gli oli santi e fa sacro il crisma.

I colori liturgici sono: rosso per la domenica delle Palme, viola per il lunedì, martedì, mercoledì, bianco per la Messa crismale.

Prima Lettura: Is 50,4-7.

Il Servo di Dio è l’esemplare della docilità, dell’ascolto della Parola e della volontà divina. Il suo è un destino misterioso: è oggetto di flagello, di sputo, di scherno e tuttavia non si ribella, non si disanima. Egli ha certezza di compiere un disegno, una missione di salvezza. Mentre leggiamo in questa domenica delle Palme il brano di Isaia, la mente corre subito a colui che non è venuto per essere servito, ma per essere servo e offrire la propria vita come prezzo di liberazione.

Seconda Lettura: Fil 2,6-11.

San Paolo scrivendo ai Filippesi ci esorta a contemplare il mistero di Cristo, dalla sua preesistenza eterna fino alla sua glorificazione.

Nella prima parte dell’inno contempliamo Gesù che, condividendo con il Padre dall’eternità la sua condizione divina, ha assunto la condizione umana di servo, divenendo simile a noi. Nel mistero dell’incarnazione la divinità riduce se stessa a vantaggio dell’umanità, perché « non ritenne un privilegio l’essere come Dio »: ecco lo spogliamento del Figlio di Dio, che nell’umiliazione e nell’obbedienza, con atteggiamento di fedeltà estrema al Padre, giunge all’abbassamento della croce, in un’obbedienza fino alla morte nella sua forma più ignominiosa.

Nella seconda parte dell’inno, dopo l’umiliazione, dopo l’obbedienza, viene cantata la risurrezione, la esaltazione del Servo suo Figlio: se la croce è il suo « » di amore al Padre e di consenso alla fraternità, la esaltazione è la fedeltà del Padre verso il Figlio.

Nella passione e morte del Figlio, che  non sono fine a se stesse, e  nella sua risurrezione abbiamo, strettamente uniti tra loro, i due grandi misteri di morte e di esaltazione del Cristo, di colui che oggi e sempre è il Signore di tutto e che  ha aperto  l’umanità alla speranza cristiana della gloria.

Consapevoli della volontà salvifica del Padre, ottenuta per la obbedienza del Figlio, possiamo bandire ogni forma di scoraggiamento e di sfiducia nei momenti difficili e della croce, perché il  Cristo « pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e,  reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna  per tutti coloro che gli obbediscono » ( Eb 5,8-9).

Le espressioni che in alcuni momenti si è soliti dire:« Ma posso avere il perdono di Dio ? Per me non c’è possibilità di perdono …» non devono indurci alla disperazione, perché Dio, anche se a volte crediamo di essere immeritevoli di perdono, nella sua misericordia lo offre per il suo grande amore e per avere mostrato la sua volontà  salvifica riguardo all’uomo nella croce redentrice di Cristo e nella sua glorificazione, da dove intercede perennemente per noi tutti.

Vangelo: Mt 26,14-27,66.

Ascolteremo la narrazione della passione di Gesù dal Vangelo di Matteo: dall’istituzione dell’Eucaristia fino alla passione e sepoltura. Anche per Matteo la passione di Gesù è l’adempimento delle Scritture che annunziano la salvezza.  Non si tratta del resoconto staccato, oggettivo, di una storia che si sta solo ad ascoltare. Dobbiamo risentire in noi questi avvenimenti. Cristo li ha patiti per noi. Nell’addentrarci nella Settimana Santa rivediamo il nostro atteggiamento:

-      rispetto al nostro peccato, lato oscuro della nostra vita, possiamo, come Giuda che si suicida perché non ha più speranza se non nella morte, essere presi dalla disperazione;

-      di  fronte alla croce, invece, possiamo avere i sentimenti di Pietro, che parla, promette e, di fronte alla prova dei fatti, tradisce, fugge e lascia solo Gesù; ma al canto del gallo, in un profondo senso di pentimento, lava con le lacrime il suo peccato e apre il suo cuore  al perdono di Gesù,

-      o quelli del cireneo che, coinvolto per caso nella situazione, condivide la croce con Cristo e ci invita a portare la croce di Cristo, in tanti fratelli che abbiamo intorno e che ci chiedono di portare i pesi gli uni degli altri.

Nessuno può giudicare o condannare i protagonisti suddetti, perché tutti, iniziando dal primo peccato che, all’inizio della Quaresima, ci è stato ricordato,  ne siamo coinvolti, per cui è necessario per tutti partecipare alla storia della salvezza che si compie sulla croce. Per la solidarietà che ci lega tutti e non solo quelli che  erano presenti al tempo degli eventi della passione del Signore, ognuno, assumendo la responsabilità per il male che compie, deve dire: per me il  Signore è stato tradito ed ha sudato sangue; per me ha subito gli sputi e gli schiaffi; per me è stato bastonato, ha portato la croce, è morto ed è stato sepolto.

Solo con questi atteggiamenti, riconoscendoci tutti peccatori, possiamo aprirci la via alla redenzione e alla salvezza.

Questa deve essere  la passione che ripassa nel cuore di ogni discepolo, nel cuore della Chiesa, che la ripercorre con la sofferenza e la riconoscenza della Sposa fedele.