2 Marzo – VIII Domenica del Tempo Ordinario.

 Dio che ci conosce nell’intimo non ci abbandona mai.

Dio è sempre presente alla nostra vita e ci conosce nei desideri del nostro cuore. Ci accompagna in tutte le vicende della vita, sia nei momenti belli che oscuri. Avere fiducia nel suo amore, rimetterci al suo giudizio di misericordia e pensare che, per quanto ci allontaniamo da lui, il suo amore di Padre ci raggiunge sempre.

 Prima di tutto il Regno di Dio.

 Gesù ci invita a cercare il Regno di Dio, i suoi valori e nello stesso tempo avere fiducia nella sua Provvidenza, che, come agli uccelli fornisce il cibo e ai fiori dei campi la bellezza, non fa mancare agli uomini il necessario alla loro vita. Cercare il Regno di Dio e la sua giustizia non esclude l’impegno  nel lavoro quotidiano per procurarsi il cibo, il vestito, la casa, purché queste cose o le ricchezze non  diventino l’unico assillo dei nostri giorni, tanto da asservirsi ad esse e dimenticare il nostro rapporto con il Padre celeste. Dice infatti il Signore: “ Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro …Non potete servire a Dio e la ricchezza ”.

La ricchezza, con la grande attrattiva che esercita su di noi,  ha la capacità di abbindolare  il cuore, la mente e ogni energia della nostra vita: si propone come idolo, che ci asserve e possiede e non offre che  una effimera sicurezza

Le sollecitazioni della vita ci spingono verso una esistenza frantumata nelle sue energie, interessi e nel nostro agire: con molta difficoltà la nostra ricerca spirituale trova un centro di unificazione tra aspetti terreni e materiali e interessi spirituali.

Gesù dicendoci ancora: « Non preoccupatevi … la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito ? » (Mt 6,25) non intende legittimare la pigrizia, ma vuole rassicurarci che, se ricerchiamo anche e soprattutto il Regno di Dio, il Padre celeste, che  ci ha fatto dono della vita e del corpo,  sarà sollecito nel donare, nella sua provvidenza, energie e impegno per procurarci il necessario.

In tale atteggiamento  paterno di Dio verso di noi dobbiamo porre il centro della nostra esistenza, per cui in relazione a lui, al suo Regno, tutto assume un significato e un valore nuovo, vissuto nella prospettiva di un amore filiale verso il Padre. Tutto ciò che di bello e di buono c’è nel mondo ( cose, attività, relazioni, ecc) sarà allora illuminato da una nuova luce e da nulla saremo manipolati e posseduti. Confidando, ancorati, nella paternità di Dio nulla ci creerà ansia, affanno, ma tutto, nel nostro intimo,  sarà pervaso dalla sua presenza rassicurante, perché la sua Provvidenza non abbandona la sua creatura mantenendola nella sua esistenza.

Pur tuttavia noi, nella nostra concretezza storica, rimaniamo responsabili della nostra vita, perché Dio donandoci la libertà ha voluto responsabilizzarci e ci ha fornito nell’intimo i valori del Regno (giustizia, uguaglianza, equità, fraternità, carità, ecc.) che motivano le nostre azioni di uomini, di fratelli e di figli di Dio. 

Anche oggi siamo chiamati ad essere « commensali di Dio in questo mondo ». Capissimo in profondità la grazia dell’Eucaristia, comprenderemmo che l’amore di Dio per noi, la sua provvidenza e misericordia, è stata e continua  ad essere immensa. Nell’Eucaristia riceviamo non un simbolo ma la verità del Corpo e Sangue  del Figlio di Dio. Certo questo convito è solo un inizio di comunione con Dio. Siamo nell’attesa e nella speranza della « perfetta comunione  nella vita eterna », ma ne è già un pegno sicuro. E’ questa commensalità,  questa  «alleanza nuova ed eterna », che dona alla Chiesa di dedicarsi « con serena fiducia » al servizio  di Dio.  L’Eucaristia ci impegna a far sì – come diciamo nella colletta - « che il corso degli eventi del mondo si svolga secondo la volontà di Dio nella giustizia e nella pace ». In essa troviamo la forza della giustizia, che domina l’avidità e l’egoismo, e della pace, che vince ogni presunzione e cattiveria.

Prima Lettura: Is 49, 14-15.

 Capita di tutto nel mondo: persino che una madre snaturata dimentichi il suo bambino. Non avverrà invece mai che Dio si dimentichi dell’uomo, che è la sua creatura prediletta. Ci viene talora sulla labbra l’amara, e insensata , considerazione: Dio si è dimenticato di me, perché mi manda troppe tribolazioni. E’ semplicemente assurdo: «  Io non ti dimenticherò mai », dice il Signore.

E’ la certezza più gioiosa che possiamo avere. Il nostro prossimo non di rado ci trascura, dopo tante promesse; Dio non ci trascura mai. Il segreto della pace interiore e di tutta la vita spirituale sta nella convinzione incrollabile che Dio non si dimentica di noi, che ci è vicino, anche se non lo sentiamo, e che ci ama come Dio sa amare, e quindi immensamente.

 Seconda Lettura : 1 Cor 4,1-5.

 Chi sono i vescovi, i sacerdoti, quelli che esercitano un ministero nella Chiesa? Sono dei « Servi di Cristo », appunto dei « ministri »; sono «dispensatori  dei misteri di Dio », risponde Paolo. Per fare questo occorre che siano fedeli, che trasmettano quanto hanno ricevuto.

Noi non ci dobbiamo fermare a loro ma, tramite il loro servizio, unirci a Gesù, che unicamente conta e che è il Signore. Talora ci fermiamo al ministro e dimentichiamo lui, che solo non ha difetti: gli altri hanno tutti una perfezione assai limitata. Neppure c’è da stupirsi che possano incorrere in colpe.

In ogni modo, è ancora Paolo che lo dice, il giudizio è dato da Gesù Cristo, che rende manifeste le intenzioni  segrete dei cuori. L’Apostolo dice: « Mio giudice è il Signore!». Lo dobbiamo tenere a mente anche noi , così proclivi a giudicare, o a essere in ansia per i giudizi  umani che ci toccano. Non ce ne dobbiamo inquietare più di tanto, assai poco.  

 Vangelo : Mt 6, 24-34.

 La ricchezza, che Gesù paragona a un padrone, non può essere servita da chi intende amare Dio. Il denaro è facile che leghi il cuore, che rappresenti l’unica preoccupazione. Cristo mette in guardia dall’affanno  opprimente per il domani, quasi che l’avere da mangiare  e da vestirsi sia l’unica cosa  che conta, e  quasi che Dio sia indifferente  alle necessità degli uomini.

Siamo esortati ad avere fiducia nella provvidenza: il che non significa pigrizia, o sfruttamento degli altri: sarebbe un tentare Dio. Quante volte si trascorre un’intera vita in questo affanno, si dimentica l’amore di Dio e anche quello del prossimo, e ci si ritrova alla fine con le mani vuote di opere buone, se pure non anche con la privazione di quei beni  per l’accumulo dei quali soltanto ci siamo affannati.

Il Vangelo di oggi ci spinge a ricercare la pacificazione interiore in noi stessi con le realtà terrene, necessarie alla esistenza nostra e a quella degli uomini, ad avere sollecitudine  e responsabilità per il mondo.