23 Febbraio - VII Domenica del Tempo Ordinario.

La giustizia di Dio e l’amore al prossimo.

La Domenica è il giorno dell’ascolto della Parola di Dio. L’ascolto avviene durante la liturgia  che la proclama, e alla quale dobbiamo essere presenti puntuali e attenti. Ma questo non basta. Occorre l’attenzione interiore alla voce dello Spirito, che risuona tramite la lettura  sacra. Non è sufficiente conoscere la Bibbia dall’esterno; occorre trovare in essa « ciò che è conforme alla volontà di Dio », cioè il suo disegno su di noi, e poi attuarlo  « nelle parole e nelle opere ». Gesù stesso ci è modello.

Essere discepoli di Gesù significa, prima che osservare i precetti, seguirlo, divenendo capaci come lui di saper perdonare anche ai propri nemici e di considerare fratelli da amare tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino. La nostra vita non può prescindere dal realizzare l’amore al nostro prossimo come quello che dobbiamo avere per noi. Un appello concreto che ci interpella ogni giorno.

Ci potremmo chiedere: « Ma Gesù ha sempre realizzato quello che ha insegnato? ». Certo è che quando veniva schiaffeggiato e percosso il Vangelo di Matteo non ci riferisce alcuna reazione. In Giovanni è scritto che Gesù non reagisce alla violenza con la violenza, ma solo chiede ragione del perché viene schiaffeggiato e percosso.

Davanti alla “ legge del taglione ”  che, secondo il codice di Hammurabi, recepito dal V.T., consentiva, per limitare l’istinto di vendetta moderandolo, all’offeso di poter applicare un principio di reciprocità come rivalsa per l’offesa, così da applicare una pena proporzionata alla colpa, Gesù richiede un atteggiamento ulteriore con il suo « Ma io vi dico …». Egli indica la via della non violenza e della non resistenza ai malvagi, non per coprire le cattiverie altrui, ma per rendere consapevole il malvagio del suo errore e invogliarlo ad un percorso di conversione e di  riconciliazione.

La specificità, allora, della vita cristiana, rispetto alla logica del mondo e alla prassi del taglione, è l’amore anche per i propri nemici. Gesù non abolisce la Torah, ma la interpreta ponendo il comandamento dell’amore come principio di comprensione e di completamento di essa. L’amore illimitato  e incondizionato deve diventare prassi della vita dei suoi discepoli, così come agisce il Padre celeste, che « fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti ».

L’ « Amerai il prossimo come te stesso », Gesù lo pone alla stregua dell’amore a Dio e a se stessi,  come dice al giovane ricco. Come anche l’« odierai  il tuo nemico », che non è testo biblico, ma interpretazione tradizionale, Gesù intende correggerlo e purificarlo. Il giudaismo però si chiedeva, come fece lo scriba con Gesù, chi bisognava considerare come prossimo e  Gesù, con la parabola del buon Samaritano, chiarisce chi deve essere considerato come prossimo, anche il proprio nemico. Nel discorso della  montagna, d’altra parte,  Gesù aveva già incluso nella categoria di prossimo, anche il nemico.

Spesso ci chiediamo: “ Come possiamo amare colui che pone delle ostilità nei nostri confronti? ”. L’amore che, contrariamente a quanto si ritiene, è cosa naturale se amiamo quelli che ci amano, se lo intendiamo come fa Gesù, non è naturale. Esso deve essere innanzitutto frutto di autoeducazione e richiede, come prima cosa, un processo di conversione intellettuale, per cui non bisogna rappresentarsi come nemico colui che ci è ostile o avversario fin che non pone gesti oggettivi di inimicizia ; poi bisogna far seguire la conversione spirituale, che è una scelta fondamentale per il cristiano radicata sulla misericordia di Dio, poiché, essendo tutti peccatori, siamo nemici di Dio e, come Dio ci ha perdonato, dobbiamo fare anche noi con i nostri debitori. Dall’esperienza dell’amore di Dio per noi, donatoci gratuitamente, dobbiamo imparare a vivere le nostre relazioni con i fratelli e con ogni uomo. Ancora.

Da Gesù, che ci esorta a « pregare per quelli chi ci perseguitano », impariamo a vedere con gli occhi di Dio coloro che ci perseguitano, andando così oltre le situazioni di conflitto e realizzando nella nostra prassi la misericordia divina, per cui imitiamo il Padre celeste se vogliamo essere perfetti come è lui. Questo è il di più che Gesù ci chiede se vogliamo essere figli di Dio, operatori di pace, e suoi discepoli .  

Nella seconda preghiera eucaristica proclamiamo: « per compiere la tua volontà (Padre santo) egli stese le braccia sulla croce ». L’Eucaristia ci riporta questo atto di obbedienza di Gesù, perché a nostra volta lo abbiamo a continuare.  Nel Figlio, « spogliato e umiliato  sulla croce », Dio ha  rivelato « la forza dell’amore »: lì impariamo che cosa vuol dire amare Dio facendo la sua volontà e che cos’è « l’amore gratuito  e universale». L’amore divino, gratuito ed esteso a tutti, assunto da noi come modalità delle nostre relazioni d’amore verso amici e nemici, vicini e lontani,  anche se non potrà mai raggiungere l’intensità divina, sarà nella stessa logica  rivelata nella  croce del Signore.

Se questi non avviene la Parola risuona invano: la voce dello Spirito si ferma sulla soglia della nostra vita fin che  non entra a rinnovare le nostre scelte. E facciamo attenzione che la voce dello Spirito richiede silenzio interiore, raccoglimento, orazione, contro il rischio di parlare troppo noi. Dio non è mai chiassoso.

 Prima Lettura : Is 19, 1-2.17-18.

Dio è santo, e quindi devono essere santi quanti appartengono  al suo popolo. Ma osserva: un segno che prova la santità  è l’amore verso i fratelli. « Non coverai nel tuo cuore odio »; « non serberai rancore »; « amerai il tuo prossimo come te stesso ». Sono già principi evangelici, norme di comportamento per il cristiano. Ma sappiamo che non sono facili da mettere in pratica. L’Eucaristia  ce ne dà la forza , perché in essa è presente la carità di Cristo per tutti gli uomini.

Seconda Lettura : 1 Cor 3,16-23.

Due pensieri di Paolo: primo, siamo tempio di Dio, il suo Spirito abita in noi. Il peccato è una profanazione del tempio vivente che siamo noi. Secondo, non dobbiamo vantarci della nostra sapienza, ma riporre in Dio tutti i motivi del nostro vanto. A Dio appartiene tutto, e lui solo dobbiamo servire. Non gli deve essere preferita nessuna persona e nessuna cosa. Così come nulla deve intralciare  il nostro rapporto con lui. Noi apparteniamo a Cristo e Cristo appartiene a Dio. Su questo si fonda  la nostra libertà. Siamo solo servi di Dio.

Vangelo : Mt 5,38-48.

E’ esigente il Vangelo in fatto  di amore per il prossimo. Lo era già l’Antico Testamento, come abbiamo visto nella prima lettura. Ma Gesù dice che persino i nemici vanno amati e che questo amore è il segno che distingue i suoi discepoli. Si tratta di imitare il Padre celeste, che dimostra la sua benevolenza verso i giusti e verso gli ingiusti. Senza spirito di remissività, che sa passare sopra  a tante cose, che non ragiona in termini di puntigliosa giustizia, è impossibile avere la carità  come è richiesta dal Signore.

E invece tante volte un  inflessibile rigore, che non tollera e non lascia passare nulla, ci rende infedeli alle parole evangeliche.