16 Febbraio – VI Domenica del Tempo Ordinario.

Scegliere Dio con libertà.

Dio, dotando l’uomo della libertà, lo ha reso responsabile delle sue scelte e delle sue azioni. Per Gesù la giustizia che egli è venuto ad indicare parte dal cuore, che è la sede dei pensieri e delle decisioni. La liturgia oggi ci invita a vivere con libertà responsabile la nostra adesione al progetto di Dio, come scelta d’amore e non per imposizione.

Dio ha posto l’uomo di fronte al bene e al male, lasciandolo libero di inclinare il proprio volere. Queste due realtà sono, come le paragona il Siracide, « il fuoco e l’acqua, verso quale tu protendi la tua mano? ». Se pensiamo ottimisticamente all’uomo dovrebbe scegliere l’acqua, ma basta per l’uomo conoscere il bene perché lo persegua? Certo, spesso, pur vedendo il bene da fare, l’uomo si rivolge al male che magari detesta. Nelle impenetrabili oscurità dell’animo umano, la libertà è un abisso, perché sceglie, a volte, di fare il male  pur sapendo che è male, e lo si vuole in quanto tale. Se si considera il Vangelo come codice di norme e consideriamo che Gesù non si riferisce solo agli atti ma anche alle intenzioni e ai segreti del cuore, allora la situazione delle scelte dell’uomo diventa disperante. Se prendiamo le sue parole nella loro drasticità e alla lettera, nessuno può ritenersi giusto secondo il volere di Dio.

Gesù, chiedendo una giustizia superiore a quella formalistica degli scribi e dei farisei, esige un’adesione interiore alla legge, che affascina e che tutti vorremmo avere, ma che nessuno può vantare, perché la legge imputa il peccato, la grazia data da Dio in Cristo rende possibile la santità.

Nella Chiesa inabita Dio. Egli è presente in particolare nell'assemblea raccolta a fare la memoria della Pasqua, dove lo Spirito ci dona il Corpo e il Sangue di Cristo. Ma noi saremmo estranei a questa presenza divina, se non amassimo il Signore.

Ognuno di noi è un tempio dove Dio dimora nella misura in cui con « cuore retto  e sincero » custodisce la Parola di Dio ed è fedele alla sua volontà: « O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano », chiediamo nella colletta. Bisogna però che la « dimora » divina divenga « stabile », sottratta alle nostre volubilità e incertezze.

Un segno infallibile che amiamo  Dio e che la sua presenza è efficace in noi è la carità, « pienezza della legge », quindi l’accoglienza di Cristo nei fratelli che soffrono, che sono poveri e oppressi, ai quali va l’offerta della nostra misericordia. Così diventiamo il « segno dell’umanità  rinnovata ».

Prima Lettura: Sir 15,15-20.

L’uomo non è come l’animale privo della libertà e mosso da puri istinti. Dio lo ha dotato della capacità di scegliere, così da essere responsabile delle proprie azioni. Purtroppo, può anche fare il male, usando in modo sbagliato della preziosa facoltà che lo distingue.

La grazia di Cristo, il dono dello Spirito, aiutano la nostra libertà a scegliere il bene. Ogni scelta sbagliata, a dispetto di quanto può apparire a prima vista, non esalta la nostra libertà, ma la indebolisce e la paralizza.

Spesse volte facciamo ricadere sugli altri – la società, l’ambiente, le situazioni – i nostri gesti: è perché vogliamo sfuggire la nostra responsabilità.  e anche perché l’opzione del bene costa assai.

Seconda Lettura: 1 Cor 2,6-10.

Gesù,  Sapienza di Dio, è stato messo in croce: la superbia dell’uomo non ha saputo riconoscere in lui la condiscendenza divina. Per conoscere Dio occorre essere conformi al suo stile, che è antitetico rispetto  a quello dell’uomo. Comprendere la croce di Cristo significa crescere nella maturità di lui. La sapienza della croce non può essere solo intellettiva, teorica ma anche pratica: accogliere il suo messaggio significa che la salvezza viene solo dalla croce di Cristo, la sola di cui gloriarsi. Il segreto scoperto dai santi, che hanno imitato Cristo, è appunto l’ obbedienza al Padre, l’umiltà e così, lasciandosi trasportare dall’azione dello Spirito, sono passati da un’etica da schiavi, a quella di figli, come nuova relazione liberante con Dio. Ed è per loro che Dio ha riservato un premio, che nessun discorso saprebbe descrivere e nessuna rappresentazione terrena immaginare, tanto è di là da qualsiasi esperienza di quaggiù.

Solo lo Spirito Santo fa intuire quanto Dio ha preparato per quelli che lo amano: si tratta quindi di amare Dio.

Vangelo:  Mt 5,17-37.

Gesù, introducendo il suo discorso con l’affermazione che  non è venuto « ad abolire la Legge o i Profeti…ma a dare compimento », vuole dirci che la sua venuta fra gli uomini è per la loro salvezza, la quale non si realizza abolendo la Scrittura. Nelle antitesi che il Vangelo di oggi pone non c’è contraddizione nella formula « avete inteso che fu detto…ma io vi dico ». In questa seconda parte viene specificato meglio e completato quanto viene detto nella prima. Gli insegnamenti di Gesù scendono ancora più in profondità rispetto agli insegnamenti della Torah. Egli viene a dare pieno compimento alla Scrittura perché ne realizza le promesse, ne fonda la comprensione interpretandola correttamente rispetto alle interpretazioni  farisaiche, la riconduce all’unico principio interpretativo, quello dell’amore a Dio e ai fratelli e ne svela le sue intenzioni più profonde. Gesù riconduce la Legge alla sua radice, al cuore dell’uomo, da dove escono pensieri, intenzioni, determinazioni e scelte.

Il Vangelo, ponendo condizioni quasi impossibili a praticarsi, ma pur necessarie per entrare nel ragno dei cieli, sembra essere più di condanna che di speranza. Ma Gesù, invitando alla conversione profonda del cuore, dice che il Regno, presente ormai per il suo irrompere nella storia con la sua presenza, è un dono da accogliere, non una conquista da parte dell’uomo

Non basta, allora, osservare la legge di Dio esteriormente: bisogna aderirvi dall’intimo del cuore e sorvegliare anche i sentimenti più segreti. Così nei rapporti con il prossimo, così nella vita coniugale. Si può uccidere il fratello con l’odio coltivato nell’animo, così come si può essere adulteri con il desiderio. Prima che l’offerta all’altare importa un cuore rappacificato, che ha concesso il perdono; così come importa la benevolenza che sa essere generosa. Gesù poi non ammette il divorzio, come gli importa che si dica sempre la verità, più che la fedeltà ai giuramenti. In tal modo il Vangelo non abolisce ma porta a compimento la legge di Mosè. A tale profondità deve scendere lo scandaglio della nostra anima,e fino a tali esigenze dobbiamo rispondere.

In conclusione, come dice il Siracide, se « l’uomo osserva i comandamenti » con spirito nuovo, nella libertà e responsabilità, animato dallo Spirito del Signore, in quanto figlio della risurrezione, « essi lo custodiranno », perché diventano via alla perfezione e, con la grazia di Cristo, possono essere vissuti in pienezza, non come obbligo ma come risposta all’amore a Dio.