22 Settembre – 25a Domenica Tempo Ordinario.

Rispetto e attenzione ai poveri,

 La fedeltà  del  discepolo a Cristo Signore deve caratterizzare profondamente il suo  comportamento.  Il profeta Amos, un  contadino vissuto 750 anni prima di Gesù, è  inviato da Dio in un tempo in cui in Israele vigeva un comportamento ispirato alla frode e allo sfruttamento, così come avviene anche oggi  in  tanti luoghi del pianeta  e nelle nazioni in cui vigono leggi  all’avan-guardia per il rispetto dei  diritti dei poveri e dei meno abbienti. Dio pone sulla bocca di Amos una frase  sconcertante : « Io vendicherò i miei poveri ».

   Paolo, da parte sua, invita a pregare e a far pregare per la pace, anche per i governanti, cosicché si possa condurre una vita calma e tranquilla.

   Luca, nel brano del Vangelo di oggi, ci presenta la parabola di Gesù, forse ispirata  ad un fatto di cronaca di quei giorni, dell’amministratore infedele che, scoperto per i suoi imbrogli nell’amministrare i beni del suo padrone, prima di essere licenziato, chiama i debitori del suo padrone e falsa le ricevute di quanto essi gli devono: ad uno toglie 18 ettolitri di olio, ad un altro 35  quintali di grano,  ecc.  Così  pensa di farsi degli amici che lo avrebbero accolto una volta licenziato dall’amministrazione.

 Gesù invita ad essere scaltri.

 Gesù, più che  far  porre l’attenzione degli ascoltatori sulla immoralità del comportamento tenuto da quell’uomo, dà una lezioni di vita ai suoi discepoli e anche a noi. Pur  dicendo che l’amministratore è disonesto, egli ne loda la furbizia e  la scaltrezza, perché ciò che ha rubato al padrone lo ha sgravato ai debitori che gli dovranno essere riconoscenti nel futuro, quando non avrà più il suo lavoro, e così potrà avere qualcuno che lo accoglie..

    Gesù, poichè vuole esortare ogni uomo ad una santa furbizia e a non lasciarsi  rendere  schiavi del denaro, ci invita a investire le proprie ricchezze a beneficio dei poveri. E,  anche qualora si accumu-lassero  beni in maniera non onesta, elargire ai poveri, come fece Zaccheo, è un modo per avere in cielo coloro che accoglierebbero  nelle dimore  eterne. Certamente anche  il povero Lazzaro, presso il seno di Abramo, avrebbe posto la sua intercessione se il ricco epulone lo avesse sfamato durante il loro soggiorno terreno.

   I poveri infatti sono i prediletti di Dio e se si dà ad essi, certamente,    Dio aprirà  le porte del cielo a coloro che li avranno beneficati, accogliendoli    nella sua casa..

   Ma Gesù, oltre all’elemosina, vuole esortarci a non limitarsi solo a questa forma di aiuto  perchè, terminato il denaro dell’elemosina, il povero si ritroverebbe di nuovo nel bisogno e avrebbe  di nuovo fame.

La maniera vera e stabile  di aiutare i fratelli in necessità sarebbe dare un lavoro stabile ad un padre di famiglia, i mezzi necessari ad ognuno per uno sviluppo umano e sociale adeguato, le cure necessarie ai malati, una  casa   decente  per  tutti. Gesù, in definitiva, invitandoci ad avere rispetto e attenzione ai poveri, ci insegna, non tanto e solamente  a fare l’elemosina, ma a trasformare la società e a renderla più umana e più giusta, a fare della nostra terra  un luogo dove tutti, anche i più poveri, possano avere il necessario alla loro vita e alla loro dignità.

   Il cristianesimo, allora, non può non esprimere anche la profezia della giustizia sociale, della difesa dei più deboli in senso largo e della denunzia delle oppressioni esercitate in maniera più o meno scaltra.

   Né la dottrina sociale della Chiesa nell’applicare i principi evangelici può prescindere dall’affermare chiaramente e con determinazione che il diritto, pur legittimo, alla proprietà privata deve essere coniugato e, a volte, anche subordinato alle esigenze di giustizia sociale.  Non si può prescindere, infatti  dal principio  della « destinazione comune ed universale dei beni della terra » data da Dio all’uomo.

    La fede cristiana riconosce che il bene della creazione non può essere accaparramento di pochi a discapito di tutti gli altri.. Si spiega così il potente richiamo profetico che i papi, da Leone XIII e via via a Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e in ultimo Papa Francesco,  hanno voluto imprimere al messaggio evangelico a favore dei poveri della terra, degli ultimi, dei popoli oppressi  e resi schiavi dalle ricchezze dei popoli ricchi per le  dure leggi economiche del  mercato. Il cristiano non può restare indifferente e non essere fortemente critico dinanzi al grave divario che vi è tra i popoli, o gruppi sociali,  a proposito delle disparità economiche e del poco rispetto dei diritti fondamentali di ogni uomo.

 La fedeltà a Dio 

La parola di Dio, oggi, oltre al suo valore in chiave sociale, ci richiama alla fedeltà a Dio, poiché questa istanza non può essere soppiantata dagli aspetti materiali dal messaggio evangelico richiamati. Davanti all’dolo della ricchezza, che spesso diventa fine a se stessa  e non mezzo, che rende schiavi delle cose e fa perdere la libertà, Gesù vuol farci prendere coscienza che è necessario fare una scelta: non si può servire nello stesso tempo Dio e mammona, bisogna decidersi a sce- . gliere. Nel farsi “ servi di Cristo ”, cioè imitarlo e accettare che egli regni nei nostri atteggiamenti e comportamenti, le cose che ci servono acquistano un valore di mezzo e non di fine, un “bene di cui poter disporre per far del bene ai fratelli”. Non possiamo certo fare a meno del denaro e di tutte le realtà ad esso connesse (banche, bilanci, ecc.), ma Dio domanda all’ uomo non di fare a meno di tutte queste realtà, ma ci chiede di utilizzarle a servizio di tutti gli uomini.

   Aprire il cuore ai fratelli, per un senso di giustizia umana ed evangelica, significa usare i beni della creazione  per esprimere la solidarietà verso i più deboli, poveri, emarginati di ogni società e così creare comunione tra le persone, anziché creare discriminazioni, che spesso, lungo la storia, sono state fonti di lotte anche violente. Essere fedeli nel poco per esserlo anche nel molto, che per varie situazioni possiamo ritrovarci e utilizzarlo con sapienza evangelica amministrandolo a nostro  e altrui  beneficio,   significa  voler rendere a Dio quello che è di Dio  e a Cesare ( inteso come umanità  in  cui  chi  la guida, nell’esprimere l’autorità,  deve provvedere al bene comune), quello che è di Cesare. Potremo così tutti usare dei beni terreni e, facendoci saggi amministratori delle cose di questo mondo, condivideremo anche i beni spirituali su questa terra e, soprattutto acquisteremo le vere ricchezze celesti che né la ruggine né la tignola consumano. Il sottile legame fra le cose celesti e quella della terra  è ciò che la Parola di Dio ha voluto farci comprendere, perchè amministrando  saggiamente i beni creati  rendiamo gloria a Dio.

 Prima Lettura : Am 8,4-7.

Calpestare il povero, imbrogliarlo, approfittare del suo bisogno, è peccato gravissimo. Dio stesso protegge il povero, lo ha a cuore e ne prende le difese. Non si può dividere l’amore a Dio e l’amore al prossimo: chi offende ed è ingiusto con il prossimo tocca e offende Dio stesso.

Seconda Lettura: 1 Tm 2,1-8.

Il Padre è uno per tutti, così il Mediatore, Cristo Gesù, il quale ha offerto  la  propria  vita come prezzo per la liberazione di tutti gli uomini: tutti devono quindi essere presenti alla preghiera della comunità cristiana, e in particolare coloro dai quali dipende una vita comunitaria di serenità e di pace. Non possiamo allora ammettere scontri, contese, cioè tutto quanto produce divisione a antitesi a quell’amore che tutto ha redento. Paolo vuole che si alzino al cielo per la preghiera « mani pure e senza collera », altrimenti la preghiera non vale. Si direbbe che non sale preghiera al Padre, se non è fatta da fratelli.

Vangelo : Lc 16,1-13.

L’amministratore infedele ha cercato di procurarsi degli amici per il tempo della sventura con un  procedimento disonesto ma, secondo la sua linea, furbo, scaltro. Anche i discepoli di Gesù devono essere scaltri, non con la disonestà di quell’amministratore, ma cercando di farsi degli amici distribuendo  le ricchezze: tali amici sono quanti intercederanno presso Dio nel giudizio, come testimoni della nostra carità.

Chi amministrerà con questo spirito evangelico i beni di questo  mondo riceverà i beni veri, che ci sono destinati. Gesù parla di  « disonesta » ricchezza; di « ricchezza altrui »: è per dire fino a che punto dobbiamo essere distaccati e fino a che punto dobbiamo sorvegliare il nostro cuore per non esserne captati, per non farne degli idoli.