28 Luglio – 17a Domenica del Tempo Ordinario.

Gesù ci insegna a pregare il Padre nostro.

La parola di Dio, oggi, ci invita a riflettere sulla preghiera. Abramo, padre  nella fede del popolo ebreo e nostro, ci viene presentato come colui che dialoga con Dio a tu per tu e che chiede a Lui con insistenza di preservare Sodoma dalla distruzione. Dio, come leggiamo nel salmo responsoriale, non rimane insensibile alle nostre suppliche, ma interviene in nostro aiuto, perché grande e per sempre è il suo amore e la sua fedeltà attua le sue promesse  verso le  creature che lo invocano. Il Vangelo, infine, ci presenta Gesù come Maestro di preghiera.

 Gesù prega e invita a pregare.

Gesù, prega il Padre celeste nel silenzio della notte, in luoghi deserti, prega nel Getsemani, ormai vicino alla morte. La sua preghiera, il suo colloquio con il Padre, nasce dalla profonda conoscenza e unione inscindibile  che Egli ha con Lui. Gesù nella sua preghiera porta le suppliche di tutti gli uomini, le  fatiche della missione, il destino di un popolo.

Una preghiera, quella di Gesù, certo, ad un livello elevato, non facilmente raggiungibile da noi. Abramo e Gesù ci vengono presentati come modello dell’ adulto nella fede e nel rapporto con il Signore; dell’uomo maturo che cerca il Signore in una preghiera carica di responsabilità che ha assunto di fronte al popolo, per intercedere: Abramo per la sorte di Sodomia e Cristo per la salvezza dell’umanità, davanti a Dio.

Abramo, che ardisce più volte invocare il Signore per il destino di Sodoma e Gomorra, e come fa  Gesù, ci insegnano  ad affidare al Signore le nostre suppliche cariche di domande sul piano di Dio per gli uomini.

Abramo intercede per quel popolo, che Dio vuole distruggere a causa dei suoi peccati, sentendosi coinvolto nella vicenda  di quelle città: la preghiera è anche un rivolgersi a Dio a favore di tutta l’umanità sentendosi solidale con essa nel suo destino di salvezza o di perdizione. Anche Gesù si fa compagno e solidale con l’uomo e lo accompagna nella sua crescita spirituale  suggerendogli  le parole che lo avvicinano a Dio, per un dialogo autentico con Lui.

 Gesù insegna il Padre nostro.

I discepoli un giorno chiedono a Gesù che insegni loro a pregare, così come Giovanni, il Battista, aveva fatto con i suoi. Gesù, allora, inventa per loro e per tutti coloro che saranno i suoi seguaci la bella preghiera del Padre nostro,  in cui racchiude tutta la sua maniera di dialogare con il Padre celeste  e in cui ci insegna a chiedere a Dio le cose che sono fondamentali nel nostro rapporto con Lui e con i fratelli.

I cristiani hanno usato questa formula, che anche noi attualmente usiamo, fin  dai primissimi tempi del cristianesimo.

Padre. La parola Padre. Tra tutte le parole che si sarebbero potute usare per indicare Dio (signore, padrone, creatore, onnipotente…) Gesù ha scelto la parola  « padre », che è la più vicina per farci comprendere il profondo mistero di Dio. Se  un padre è colui che dona la vita a un figlio, allora, Gesù ci ha insegnato che Dio  ci ha dato la vita, la quale è un dono di un padre e di una madre, ma anche di Dio.

Come un padre è vicino al figlio per nutrirlo, aiutarlo, crescerlo bene, e, cresciuto che è, lo rispetta nella sua libertà continuando a volergli bene e a dargli una mano nelle necessità, così fa Dio con l’uomo. Per nostro amore Dio Padre sa trarre fuori il bene anche dal male e dimostra la sua pazienza paterna fino all’inverosimile. Nella parabola del Figlio prodigo  Gesù descrive l’atteggiamento del Padre celeste verso l’uomo, che abbandona la casa paterna e si allontana dal suo amore, raggiungendo un alto grado di affetto paterno che sconvolge ogni logica: lo aspetta che ritorni con pazienza e, quando lo può riabbracciare, fa una gran festa per averlo riavuto sano e salvo.

Sia santificato il tuo nome. Se il « nome » per gli ebrei indica la persona che lo porta, significa che tutti lo riconosciamo come Dio. Viene santificato il suo nome, se gli uomini accolgono in loro il suo regno, che è il tempo in cui Dio vuole essere nostro Padre, poiché ci chiama ad accettarlo come Padre e ad accoglierci l’un l’altro come fratelli.  Viene anche  santificato il suo nome se i figli fanno la sua volontà.

Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, cioè il pane necessario per vivere. Se  il cristiano  lavora, si occupa del domani, non si preoccupa : se  produrrà il pane e ogni cosa necessaria alla sua vita, sa che dovrà essere al servizio di chi ha meno talento, possibilità e fortuna.

Perdona a noi i nostri peccati perché anche noi dobbiamo perdonare ad ogni nostro debitore. Verso  colui che ci ha offeso o fatto del male, Gesù ci insegna che dobbiamo esercitare il perdono e l’amore, condizione per poter ottenere perdono e misericordia da Dio Padre, quando al termine della vita ci incontreremo con lui.

E non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male. I cristiani chiedono a Dio Padre di dar loro l’aiuto per  vincere il male e non soccombervi. In queste parole della preghiera del Signore c’è semplicità, concretezza e tutto ciò che è necessario chiedere al Padre celeste con la confidenza filiale e totale in Lui. Gesù ci invita anche ad una preghiera incessante, fiduciosa, che non si stanca, poiché Dio è Padre sempre disponibile ad ascoltarci. Egli vuole il bene dei suoi figli e la nostra gioia.

Prima lettura: Gn 18, 20-32.

La pazienza di Dio, il suo ascolto pieno di comprensione, la sua disponilità a « cedere » alle richieste dell’uomo: ecco quanto appare dall’insistente e ardimentosa preghiera di Abramo, umile e coraggioso insieme. Solo che ad un certo punto la richiesta di Abramo termina, e allora avviene il castigo: neppure dieci sono i giusti per i quali Dio risparmierebbe la sua condanna. Apprendiamo da questo brano  a osare nella preghiera, ad affidarci alla longanimità di Dio. Ma troviamo anche un’altra idea: i giusti risparmiano i peccatori. Questo avviene quando anche da un solo giusto, Cristo Gesù, - non da dieci -  saranno espiati e perdonati tutti i peccati del mondo. 

Seconda lettura: Col 2,12-14.

I nostri peccati sono stati perdonati sulla croce di Gesù. Il documento che ci condannava vi è stato appeso e annullato, dice san Paolo. Da morti che eravamo, siamo stati risorti con lui. Mediante il Battesimo si sono come ripetuti per noi e in noi i decisivi misteri del Signore, gli avvenimenti della salvezza: la sepoltura e la risurrezione. Un breve rito, con tanta grazia ed efficacia. Siamo chiamati a tornare spesso al Battesimo, che ha avuto per noi così grande virtù, contro il rischio di dimenticarcene e quasi di banalizzare quell’avvenimento determinante per la nostra esistenza adesso, nel tempo, e poi per l’intera eternità.

Vangelo: Lc 11,1-13.

Gesù è il nostro maestro di preghiera. Che cosa dobbiamo chiedere ce lo ha insegnato  nel « Padre nostro »: la sua glorificazione, la venuta del suo regno; il compimento del suo disegno, il pane di ogni giorno, il perdono dei peccati, la liberazione dal Male. Non basta però chiedere: è necessaria la perseveranza, quasi importuna, che si affida al cuore di Dio, più tenero e accogliente del cuore di un padre. Dobbiamo pregare senza timore, con assoluto abbandono. La questione decisiva è quella di comprendere la paternità di Dio. Da lì deriva tutto il tono e il clima della nostra vita.