9 GIUGNO - 10a Domenica del Tempo Ordinario. CREDERE NELLA RISURREZIONE. Gesù, durante il tempo della sua vita terrena, ha compiuto dei miracoli, come ridare la vista ai ciechi, sanare i lebbrosi, far cammina re gli zoppi e i paralitici, risuscitare i morti. Se da una parte tutti que sti segni hanno manifestato la sua potenza divina, dall’altra, a coloro per i quali li ha compiuto, a chiesto di credere fermamene in Lui. Alla donna risanata, dopo la sua lunga malattia, ha detto: « Donna, la tua fede ti ha salvato ». Prima di risanare il figlio al padre che gli ha chiesto di intervenire, Gesù ha detto: « Tutto è possibile per chi ha fede ». Nel Vangelo di oggi il miracolo della risurrezione del figlio della vedova di Naim non è stato chiesto da nessuno, Gesù, come in altri miracolo non ha chiesto la fede. Egli, imbattendosi nel villaggio in quel corteo che conduce a sepoltura il giovane, figlio unico di una madre vedova, esprime la sua tenerezza per una mamma afflitta dal dolore: « Vedendola, il Signore, fu preso da grande compassione ». L’Evangelista, così, chiamando Gesù, il Signore, gli riconosce la maestà onnipotente di Dio, colui che domina il mondo e le sue potenze. Questo gesto di tenerezza compiuto dal Figlio di Dio, ha certo un riferimento alla sua passione e risurrezione e al dolore di Maria, sua madre, sofferente accanto a Lui, Signore Risorto. In questo evento della sua vita Gesù si è rivelato come Dio e uomo pienamente realizzato. La risurrezione è portatrice di speranza per tutti. La morte, pur essendo una realtà naturale e normale, è un evento che ci sconvolge. L’esperienza di ogni vita nella sua realtà naturale ha un inizio, uno sviluppo e si avvia verso la morte. A questo pensiero non riusciamo facilmente ad abituarci, per cui quando ci troviamo davanti alla morte di un bambino, o ad una tragica fine di un giovane, ci coglie una profonda ribellione. Davanti al dolore della madre per quell’unico figlio morto, Gesù con il suo « Non piangere ! », così come a tutte le mamme che si troveranno davanti a realtà simili, vuol dire: « Tuo figlio, tutti i vostri figli vivranno, e li riavrete di nuovo dopo questa breve vicenda terrena ». Egli, un giorno, dirà a Maria e a Marta, sorelle di Lazzaro, : « Io sono la risurrezione e la vita. E chi vive e crede in me non morirà mai » e la conseguente risurrezione del fratello sarà la garanzia che la sua promessa non è solo per consolarle. Così il richiamo alla vita del giovane prefigura la sua risurrezione, è segno della venuta dei tempi messianici, in cui il Messia realizzerà la guarigione di tutte le sofferenze umane e promessa della risurrezione per tutti oltre questa esistenza terrena. Il Signore che ha vinto la morte con la sua risurrezione dona al mondo la liberazione definitiva dalla morte, che non è riesumazione di un corpo, ma trasformazione di questa vita terrena in una esistenza diversa, con un corpo non costruito da mani d’uomo ma da Dio stesso. E’ l’apertura di un orizzonte nuovo, di una vita oltre la morte, che l’uomo fatica ad immaginare, immerso come è nelle sue categorie spazio-temporali. Per i credenti in Cristo risorto rinnovare, allora, la fede nella risurrezione in una corretta ed evangelica compren- sione di questa realtà è di fondamentale importanza, soprattutto oggi, in cui diverse concezioni religiose sul dopo morte, per modi di intenderla e per contenuti diversi, sono presenti nei vari contesti socio-culturali del nostro mondo. Oggi non mancano poi, anche tra i cristiani, coloro che sono attratti dalla speranza della reincarnazione propria delle religioni orientali. La Parola di oggi ci invita a rinnovare la fede nella risurrezione e a credere che, essendo uniti a Cristo, come membra con il Capo, anche noi parteciperemo della sua risurrezione e parteciperemo della pienezza della vita nella piena comunione con il Dio-Trinità, e lo contempleremo a tu per tu. Come per l’Apostolo Paolo, a cui l’esperienza del Cristo risorto ha dato un senso pieno alla sua vita, così è per ogni credente che accoglie il Cristo. Rinnovare una risurrezione nella mentalità di oggi. Nella pagina del Vangelo, vi è l’immagine della Chiesa-madre che porta davanti al Signore Gesù i propri giovani, morti nella gioia della vita. Nel cuore di tanti cristiani, anche giovani, la fede in Cristo, spesso, se non è morta, è come un lucignolo fumigante. La preghiera della Chiesa, madre sofferente, chiede al Signore di operare ancora, per le mani e la testimonianza dei genitori, di altri giovani, di educatori, il miracolo della risurrezione della fede nei nostri giovani. Certo è necessarlo capire bene la realtà dei giovani lontani dalla fede e compiere i necessari passi per rinnovare in essi questo miracolo di risurrezione, tentando di rimuove l’apatia e la mancanza di curiosità di tanti ragazzi e ragazze, dando stimoli e ideali in mezzo alla forma di indifferenza che si crea quando si ha tutto, si crede di possedere e potersi permettere o concedersi di tutto. Prima lettura : 1Re 17,17-24. Il profeta Elia, uomo di Dio, richiama alla vita il figlio della vedova di Zarepta. L’ intimo contatto con il profeta lo risveglia e lo rianima; il Profeta riceve così conferma della sua missione come infaticabile e per seguitato annunciatore del vero Dio. Più che un profeta, Gesù, un giorno, dopo aver risuscitato dei morti, tornerà personalmente a vita nuova e sarà principio di risurrezione per tutti quanti accoglieranno la sua parola e la sua testimonianza di Figlio di Dio. Gesù ci chiamerà dalla nostra morte, da quella spirituale e da quella del corpo e rivivre- mo con lui e per lui. Seconda lettura: Gal 1,11-19. Paolo non annunzia un Vangelo che è di sua in invenzione o ha come origine un insegnamento umano. Egli annunzia quanto da ricevuto dal Signore Gesù. Fosse stato per lui sarebbe rimasto nella tradizione dei suoi padri, un giudeo oltre modo zelante. E’ stata la grazia a chiamarlo, a rivelargli Gesù Cristo, d’altra parte senza che sia mancata in Paolo la cura di confrontarsi con Pietro. Per noi ciò significa: accettare il Vangelo come Parola di Dio e rivelazione di Gesù, riconoscerci amati da lui e scelti per sua grazia e non peri nostri meriti. Vangelo: Lc 7,11-17. Con sicura autorevolezza Gesù richiama alla vita il figlio della vedova perché è preso da profonda compassione. Egli rinnova il miracolo di Elia e così si compie la profezia che annunziava i tempi messianici della risurrezione dei morti. E la gente commenta: « Dio ha visitato il suo popolo ». Ma ancora non sa fino a che punto Gesù di Nazaret sia fonte della vita e abbia vinto la morte. I credenti ne prenderanno coscienza quando Gesù stesso risorgerà da morte per non morire più, e quando comprenderanno che tutti siamo chiamati a essere partecipi della sua risurrezione.

Ultimo aggiornamento (Sabato 08 Giugno 2013 19:26)