2 Giugno – Solennità del Corpo e Sangue di Cristo.

 Il Pane di Dio dato agli uomini.

La vita degli uomini soffre speso la precarietà: senza lavoro, immersi spesso nella sofferenza, con  delusioni, insuccessi, tristezze, angosce, calamità, ecc. Chi può soddisfare la fame che l’uomo ha di una vita migliore?

Il pane e le cose necessarie per la vita materiale dell’uomo sono problemi di giustizia sociale, che possono risolversi con maggiore equità distributiva delle risorse della terra, riducendo o azzerando il debito dei popoli poveri verso quelli più benestanti, rispettando la vita e la dignità di ogni individuo e essere umano. Tutte queste proclamatiche possono essere risolte con il solo sforzo dell’uomo? L’uomo senza Dio non si sente forse più fragile, angosciato, senza speranza e affamato non solo di beni materiali, ma anche di realtà spirituali che lo appaghino in maniera più duratura? Non basta, per i credenti, avere tavole più imbandite per sfamarsi, bisogna avere anche il coraggio di accedere alla mensa di Dio per non avere più fame.

 Il pane di Dio è quello disceso dal cielo.

 La fede  e la parola di Dio ci fanno  riconoscere il pane quotidiano come dono di Dio e per questo lo ringraziamo. Esso  è dono della sua provvidenza, ma anche « frutto della terra e del lavoro dell’uomo ». Il credente sa che dipendiamo da Dio e lui ci ha donato ogni cosa: la vita, il mondo, la terra e ciò che essa produce. Ogni cibo è preparato, certo, dalle mani dell’uomo, ma è anche preparato dalla Provvidenza di Dio, il quale, dice Gesù « sa di ciò di cui abbiamo bisogno…poiché Egli fa crescere i gigli del campo e nutre gli uccelli del cielo » (Mt 6).

 Nella prima Lettura della Parola di Dio di quest’oggi, Melchisedek offre ad Abramo pane e vino, come segno della benedizione di Dio, per avergli messo in mano i suoi nemici; Elia, il profeta, nel suo cammino lungo il deserto, viene sfamato da ciò che l’angelo gli appresta, per ben due volte, perché è lungo il cammino che deve affrontare fino all’Oreb, il monte di Dio; Gesù moltiplica i pani per sfamare la folla perché possa seguirlo nel deserto, ma soprattutto  perché gli uomini  capiscano che il pane del cielo che Egli avrebbe dato, è quello  che essi  devono ricercare  per giungere alla risurrezione e alla vita.

   Gesù risorto offre il pane e il pesce arrostito perché lo riconoscano e ai due discepoli di Emmaus spezza il pane perché lo riconoscano in quel gesto come « il pane disceso dal cielo che viene offerto  come nutrimento   da Dio ».  

Se  il pane materiale è segno della benedizione e della provvidenza di Dio per l’uomo e del dovere di dividere il nostro pane con chi è affamato, Gesù  ci dà la sua Parola, il Corpo e il  Sangue come cibo e bevanda di vita eterna per alimentare nel nostro spirito la vita divina; ci comunica il suo amore per la salvezza delle nostre anime e il suo Spirito come luce e forza per camminare fino al cielo.

 Gesù è il vero pane del cielo che Dio ci dà.

Gesù nell’Eucaristia, come ha fatto nell’Ultima Cena prima di morire, ha dato se stesso come cibo di vita. Il mangiare, allora, il suo Corpo e bere il suo Sangue, non è compiere un rituale magico, in cui mangiamo carne e beviamo sangue, ma è un condividere la sua stessa vita, perché carne e sangue sono la sua stessa persona. Come durante un pasto che si condivide con gli amici e i parenti  si esprime l’amicizia e l’amore dello stare insieme, così Gesù, nella sua Cena pasquale,  ha espresso  il desiderio che i discepoli diventino, quando fanno la sua memoria e mangiano il pane e il vino, che egli trasforma nel suo Corpo e Sangue, una cosa sola con lui, uniti dagli stessi sentimenti, dal medesimo stile di vita e orientati all’amore del Padre. Mangiare di questo pane, che è Gesù stesso, significa condividere la sua morte e la sua risurrezione e avere il pegno e l’anticipazione della vita eterna.

Dal pane terreno, che ci aiuta a vivere e risolvere il problema della nostra quotidiana sopravivenza, mantenendoci in buona salute e nella gioia di vivere in fraternità, Gesù ci chiede di passare a mangiare il suo Pane, con cui ci aiuta a raggiungere  lo scopo per cui esistiamo: ritornare a Dio. Il cristiano, che vive e crede in Gesù, munito della sua forza e del suo Spirito.  realizza anche la sequela di Lui nel dono della propria vita al Padre e nell’amore condiviso con i fratelli.

 L’Eucaristia è il pane della condivisione.

  Luca, nell’episodio della moltiplicazione dei pani distribuiti alla folla,  ha ben presente questo rito compiuto dagli Apostoli nella Chiesa primitiva. Il Signore prende ciò che gli apostoli gli offrono e con questo gesto di solidarietà trasforma la condivisione in un gesto di amore e tutti mangiano a sazietà. Partecipare, allora, all’Eucaristia e non nutrirsi del pane eucaristico non è segno pieno della condivisione della vita di Gesù, vita offerta al mondo per amore e al Padre per obbedienza. Non partecipare pienamente dell’Eucaristia significa svuotare il rito di quello per cui è stato istituito. Partecipare alla Cena del Signore e non condividere il pane del nostro tempo, delle nostre gioie e fatiche, del nostro amare ogni giorno con tutti, mettendosi a disposizione degli altri, significa non  accogliere Gesù, pane disceso dal cielo.

Come non si può vivere senza pane, così non si può vivere senza amore e soprattutto non si può vivere senza accogliere Gesù nella nostra esistenza quotidiana, in cui dobbiamo mettere in pratica la sua Parola e il suo Amore.

 Prima Lettura : Gn 14,18-20.

   L’offerta del pane e del vino  da parte di Melchisedek  - figura misteriosa che appare nel Vecchio Testamento – è una profezia, un preannunzio dell’offerta  che verrà fatta dal vero Sommo Sacerdote, Gesù, costituito  tale, come dice la Lettera agli Ebrei,  non secondo l’ordine levitico, ma secondo l’ordine di Melchisedek, sacerdote del Dio Altissimo. Gesù, immolandosi sulla croce compirà questa offerta, e nei segni del banchetto  eucaristico  consegnerà se stesso con il suo Corpo e il suo Sangue, in sua memoria, come cibo di vita eterna.

Seconda Lettura : 1 Cor 11,23-26.

   L’Eucaristia non è stata inventata dalla Chiesa. Essa la riceve dalla tradizione, cioè dal Signore stesso. E’ lui che nella notte in cui veniva tradito, ha consegnato ai discepoli il suo Corpo e il suo Sangue in sacrificio nei segni del pane e del vino, comandando loro di fare questo gesto in sua memoria. Il cibo e la bevanda eucaristica ci affidano la morte  del Signore, la grazia di questa morte che ci ha redenti. Con l’Eucaristia entriamo a far parte dell’alleanza con Dio che Gesù ha reso possibile e ha confermato con il suo Sangue e il suo amore. Tutto questo deve essere vissuto il più degnamente possibile realizzando anche gesti di comunione con i fratelli.

Vangelo : Lc 9,11-17.

   Gesù invita, come leggiamo nel Vangelo, gli apostoli a dividere alla folla del pane che però essi non hanno: lo fa Gesù moltiplicando i pani e i pesci di cui essi dispongono. Dopo aver reso grazie e averli spezzati tutti ne mangiano e sono saziati. Questa moltiplicazione preannunzia  già l’Eucaristia, ciò che Gesù farà nell’ultima Cena e che Egli ha affidato agli Apostoli e alla sua Chiesa, dove a essere distribuiti non sono dei semplici pani  e pesci, ma lo stesso Corpo del Signore. Gesù ci sazia con il dono di sé tramite il ministero della Chiesa, che continua al suo posto a sfamarci del pane della Vita.