19  Maggio  -  Domenica di Pentecoste.

Gesù dona lo Spirito per la vita della Chiesa.

 Il racconto della Pentecoste degli Atti degli Apostoli segna l’inizio della Chiesa e della sua missione. Luca ci racconta quanto è accaduto e anche che ciò che è accaduto è una realtà che coinvolge la vita delle comunità di tutti i tempi. Lo Spirito del Signore, da quel momento operante nella Chiesa, fa sbocciare l’amore per Cristo nel cuore dei fedeli. Lo Spirito genera nei credenti la comunione con il Padre, come Gesù aveva detto: « Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui ». La Chiesa, oggi, è chiamata a collaborare con lo Spirito per rinnovare il mondo attraverso l’annuncio e la testimonianza di coloro che sanno di essere salvati.

 Dalla Pentecoste una nuova e definitiva alleanza.

Nella   Pentecoste, festa della mietitura, divenuta successivamente festa della rinnovata alleanza del Sinai tra Dio e il popolo d’Israele, discende lo Spirito Santo che Gesù invia dal Padre dando inizio a una nuova alleanza realizzata da Gesù tra Dio e l’umanità.

Questo avvenimento collocato nel giorno della Pentecoste ebraica, indica che la nuova alleanza, nel nuovo popolo di Dio, la Chiesa, fa superare ogni barriera etnica e religiosa: vi erano, infatti, a Gerusalemme uomini di ogni nazione, e tutti comprendono nella propria lingua nativa ciò che gli apostoli dicevano ripieni dello Spirito Santo. La lieta notizia è compresa da tutti e nuova è ormai la comunicazione tra gli uomini, diversa da quella derivante da Babele.

Lo Spirito effuso permette agli uomini di comunicare l’esperienza del Cristo risorto. Lo Spirito, più che fare ciò che spetta a noi fare o dirci cosa dobbiamo fare,  ci  dà la forza e la possibilità di operare quanto noi dobbiamo fare e operare. Nella Pentecoste avviene un incontro tra i testimoni di un avvenimento: gli apostoli e coloro che sono presenti a Gerusalemme: uomini in cerca della verità. Lo Spirito permette che tra gli apostoli e questi è possibile comunicare;  che la verità del Cristo, morto e risorto per tutti,  può raggiungerli e, pur essendo diversi, renderli uniti in un nuovo popolo. Pur mantenendo, allora, la propria identità, cultura e  diversità, è possibile comunicare la realtà della lieta notizia e partecipare della salvezza. La diversità diventa così una ricchezza e una rinnovata possibilità di collaborazione e di incontro.

Una comunità missionaria.

Se nella Babele antica regnava la divisione tra gli uomini, i quali erano incapaci di comunicare tra loro, nella Pentecoste, tutti, pur rimanendo nella  diversità che li caratterizza, sono riuniti nella stessa fede nello stesso Signore. Ogni qual volta un gruppo di uomini e di donne, di adulti e  giovani,  di bambini vecchi, sono riuniti per ascoltare la parola di Cristo risorto, resa presente  e operante dalla potenza dello Spirito Santo, la Chiesa ricomincia in una aurora continua. La Pentecoste invita ogni comunità cristiana a mettersi  in stato di missione verso tutti gli uomini. Lo Spirito Santo dà ai cristiani, spesso paurosi, la forza di essere testimoni trasformati e convinti, pronti a riprendere il cammino  del Cristo per continuare la sua opera di salvezza e di perdono, annunciando così il mondo ha sempre nuovi orizzonti da raggiungere e che camminare e lavorare per rendere l’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,13b).

 Per la crescita di tutti.

Lo Spirito dispensa ad ognuno dei doni che bisogna mettere a disposizione di tutti per il bene di tutta quanta la Chiesa, nella logica e nello spirito del servizio, della disponibilità, dell’accoglienza. Non tutti possono parlare nello stesso tempo, per esempio, perché mancherebbe lo spazio per l’ascolto. Non possono esserci doni per la rivalità o per l’oscuramento degli altri doni: tutti devono concorre al bene di tutta quanta la Chiesa di Cristo. Ognuno non può ritenersi tutto il corpo, né un servizio può pretendere di ricapitolare in sé tutti gli altri servizi, perché altrimenti la vita della comunità sarebbe minacciata e verrebbe smentita la logica del servizio. Con la Pentecoste la comunità è chiamata ad essere missionaria: in essa ogni credente riceve il dono di manifestare lo Spirito per l’utilità comune.

 Prima lettura: At 2,1-11.

   I discepoli di Gesù sono stati obbedienti. Hanno atteso la venuta dello Spirito Santo promesso, che appare loro sotto forma di lingue di fuoco. Con la venuta dello Spirito comincia l’annunzio delle grandi opere di Dio, che si riassumono nell’avvenimento della morte e risurrezione di Gesù. Ciò che sorprende è che ognuno sente la gioiosa proclamazione  nella propria lingua pur essendo dei Galilei a parlare. L’insolenza della torre di Babele  e il castigo della confusione sono vinte con la proclamazione del Vangelo. La fede pur volgendosi a popoli, lingue, tradizioni diverse, crea l’unità, perché tutti sono chiamati  a divenire figli di Dio. La confusione che la superbia aveva  portato tra gli uomini è ricomposta n un ità dallo Spirito Santo. Esaminiamoci se siamo operatori di unità o se invece fomentiamo la discordia; se, rompendo il cerchio che ci chiude in noi stessi, sappiamo uscire versi gli altri e creare comunione.

Seconda Lettura: Rm 8,8-17.

Non siamo più degli schiavi, ma figli di Dio; e infatti lo chiamiamo «Abba », «Padre ». Figli di Dio diventiamo perché riceviamo lo Spirito di Cristo, lo Spirito che ci fa appartenere a lui. Da questo Spirito deriva il principio, la garanzia, il pegno della risurrezione. La morte alla fine della vita è vinta. Certo bisogna vivere adesso secondo lo Spirito, non secondo la forma o il modello che è ancora quello, dice Paolo, della carne, cioè dell’uomo implicato e convivente col peccato. Se poi siamo figli di Dio, siamo eredi insieme con Cristo. Ci aspetta la gloria. Tutto il resto quaggiù passa; nessuna eredità rimane e ci dà piena soddisfazione. Anche le nostre sofferenze  allora vengono illuminate: sono quelle di Cristo in noi, motivo quindi di gloria futura.

 Vangelo: Gc 14,15-16.23b-26.

Il segno dell’amore a Dio non sono le parole e i propositi, ma le opere. Ossia: l’osservanza  della parola di Cristo. Chi pratica i comandamenti riceve il Paràclito, anzi inabitato il lui il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che, in particolare, viene inviato come colui che apre l’intelligenza a comprendere e a trattenere le stesse parole del Signore. E’ lui che rende vivo e fa conservare in noi il Vangelo.