TRIDUO  PASQUALE

           28 Marzo – GIOVEDI’  SANTO

   CELEBRAZIONE DELLA CENA DEL SIGNORE

 Con questa celebrazione inizia il Triduo pasquale in cui accompagniamo il Signore Gesù nella sua  Cena-Passio-ne-Morte e e che culmina con la Veglia pasquale della Risurrezione nella DOMENICA DI PASQUA.

   Tutta la Comunità si riunisce per celebrare la Cena del Signore, nella quale Egli  istituì « il nuovo ed eterno Sacrificio, convito nuziale del suo amore » , il Sacerdozio ministeriale, così da poter attuare il comando dato agli Apostoli di perpetuare la sua offerta, come vittima di salvezza, in sua memoria. Nel segno della lavanda dei piedi, poi, volle dare un esempio vivo di servizio vicendevole, come memoria del suo comandamento dell’amore fraterno. Nella adorazione eucaristica della notte del Giovedì, nella solenne adorazione della Croce e nella veglia  pasquale,  i cristiani  prolungano  la contemplazione dei santi misteri del Signore,

     Memoriale del Mistero di Cristo.

La celebrazione che realizza il mistero pasquale di Cristo è quella della Veglia di Pasqua, mentre la celebrazione della Cena del Signore rende presente, nell’oggi della storia degli uomini e nella dimensione del rito, il  Mistero pasquale del Signore.

   Oggi, per la Comunità del Signore, celebrare la Pasqua è celebrarla nel rito eucaristico e nella Messa vespertina del  Giovedì, ricordando la Cena del Signore con i suoi discepoli. Rivivendo la consegna data da Lui ai discepoli, divenuta « TRADIZIONE » ecclesiale, la Chiesa rende grazie al Padre, si associa al sacrificio di Cristo, lo offre e ne partecipa. (Cor 11,23-26).

   Se la cena dell’ultima Pasqua celebrata da Cristo con i  suoi discepoli li introdusse nel mistero della sua Pasqua, prima di passare,  attraverso la morte, da  questo mondo  al Padre, la celebrazione di questo giorno aiuta i cristiani a capire e partecipare allo stesso mistero di Gesù, loro

 Maestro e Signore. Il dono che Gesù fa di se stesso nella morte dà inizio ad una sua presenza nuova nel Pane eucaristico. Dice padre Turoldo che non solo la Chiesa e la sua liturgia non potrebbero pensarsi senza l’Eucaristia, ma neanche l’incarnazione del Cristo e la sua redenzione avrebbero significato se non ci fosse stato il dono supremo fatto da Lui dell’ultima cena, che fa di Sè il cibo e il nutrimento che ci accompagna nel nostro pellegrinaggio e che ci permettere di entrare in comunione con Dio: L’Eucaristia attua, nel mistero, l’Incarnazione per la quale il Verbo si è fatto uomo nella nostra finitezza, e noi, mangiando di Lui, pregustiamo ed entriamo nella sua eternità, diveniamo partecipi della sua divinità.

   Oggi la Parola  esorta  i cristiani a vivere attorno all’Eucarestia nell’unità dei discepoli  di Gesù, il quale ha pregato perché essi « siano una cosa sola come il Padre è in Lui ed Egli nel Padre »: così Gesù diventa centro della nostra vita di credenti , centro delle nostre speranze e della comunione vicendevole.    

    Poiché la Cena ci ricorda anche che Gesù ha sparso il suo Sangue per la salvezza di tutti gli uomini, allora, questa celebrazione deve farci aprire alla universalità verso tutti gli uomini attraverso un impegno di carità che non esclude nessuno. Soprattutto le Chiese cristiane, attraverso il dialogo ecumenico, dovrebbero ritrovarsi, con iniziative e attività pastorali, a celebrare la Pasqua del loro Signore nell’unità della fede e della carità, così da essere credibili al mondo.

    Dono e servizio di Cristo consegnati ai suoi discepoli.

    La giornata del Giovedì Santo non è solo caratterizzata dalla istituzione dell’Eucaristia, ma anche l’istituzione del Sacerdozio ministeriale e del Servizio fraterno della carità. Sacerdozio e carità, in riferimento all’Eucaristia, realizzano la comunione che Cristo ha voluto da noi, imitando

il  dono di sé e il suo servizio: questa è l’unica via che dobbiamo percorre per vivere ed essere la sua Chiesa.

Mentre i Sinottici riferiscono i gesti e le parole di Gesù di quegli ultimi suoi istanti di vita inerenti ai riti pasquali, san Giovanni riporta la lunga preghiera di Gesù, la lavanda dei piedi con il comando ai discepoli di fare altrettanto vicendevolmente. E come per l’ Eucaristia aggiunge “ fate questo in memoria di me ”, così anche in questo gesto vi pone il comando di imitarlo: se Egli, che è il Maestro e il Signore, lava i piedi ai discepoli, anch’essi devono farlo in spirito di servizio. Il gesto compiuto da Gesù non sminuisce la sua dignità né riduce la sua gloria, ma ne rivela, come avverrà con la sua croce, l’alto grado di amore e di fraternità con gli uomini che è venuto a servire e a salvare. E’ venuto aveva detto « non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per tutti ».    

   Il servizio e la Croce diventano espressione del suo ministero messianico, missione che è venuto a compiere per salvare tutto l’uomo in attuazione della volontà del Padre. I Cristiani solo ponendosi in questa logica, donando la propria vita nel servizio ai fratelli, come il Maestro, possono aver parte con Lui e per Lui essere in comunione col Padre.

 Prima lettura: Es 12,1-8.11-14.

   Nella Pasqua celebrata dal popolo ebraico per ricordare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, è prefigurata la nuova Pasqua che Gesù, vittima sacrificale del Nuovo Patto, realizza mediante la sua morte e risurrezione, per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte e renderla il nuovo popolo dei salvati.

 Salmo 115

Esprime il riconoscimento dei benefici operati dal Signore e  il ringraziamento per l’intervento potente e liberatore di Dio, per il quale l’orante eleva la sua lode e si impegna ad adempiere  davanti a tutto il popolo ai voti a Lui promessi.

 Seconda Lettura : 1Cor 11,23-26.

 San Paolo ci ricorda ciò che lui ha ricevuto dal Signore e ciò che ha trasmesso ai Corinzi in riferimento alla Tradizione dei gesti e delle parole dette da Gesù nell’Ultima Cena e della istituzione dell’ Eucaristia.

  Vangelo : Gv 13,1-15

   Gesù ama i suoi « fino alla fine », e il segno di questo amore estremo, illimitato è il dono totale che egli fa di se stesso. E’ la sua vita resa usufruibile per i credenti in lui. La lavanda dei piedi è come il simbolo di questa donazione

E un segno di servizio che egli è venuto a rendere alla nostra umanità. L’amore non è vero se non serve. Egli che è il Maestro e il Signore non esercita la potenza, ma porterà alla massima espressione l’amore che si dona.

  Nel «  memoriale del rito perenne dell’Eucaristia»possiamo intensamente misurare la carità che ci ha redento e che dobbiamo attestare e imitare.