10 MARZO - 4a Domenica di Quaresima

Domenica  « Laetare» o della gioia.

             LA  FESTA  NELLA CASA  DEL  PADRE

                L’amore misericordioso di Dio.

   In questa domenica la Liturgia ci fa contemplare l’amore misericordioso di Dio Padre, amore che pervade tutto il progetto salvifico di Dio. Nella prima lettura, dopo che gli Israeliti sono usciti dall’Egitto, sono  introdotti nella Terra promessa, così come Dio aveva promesso ad Abramo; nella seconda lettura San Paolo ricorda ai Corinzi che per mezzo di Gesù Cristo l’umanità è definitivamente riconciliata  con il Padre celeste, per cui ridonda per l’uomo la grazia, il perdono, la bontà e la pace   di Dio.

    La Parabola della conversione. 

    Gesù per far comprendere l’invito alla conversione che egli rivolge agli uomini racconta la parabola del “Figlio prodigo ”: « Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre : Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta” Il padre divise loro le sue sostanze ».

   Il più giovane, prendendo la sua parte di eredità, si allontana dalla casa del padre e va in un paese lontano. Quivi, dopo aver sperperato i suoi beni con una vita dissoluta, si ritrova senza nulla e senza amici e, rientrando in sé, riflette sulla sua esperienza negativa. Decide, allora, trovandosi in miseria, costretto a pascolare i porci e ripensando ai salariati che sono in casa di suo padre, di alzarsi, di ritornare dal padre e di riconoscere di aver peccato contro di lui. Ma il padre già lo aspetta e, vedendolo da lontano, gli corre incontro. Davanti alla confessione del figlio che gli si prostra innanzi, lo rialza, lo abbraccia, lo bacia, lo accoglie e, subito, chiamati i servi, ordina loro di preparare una gran festa perché ha ritrovato il figlio perduto. Davanti al figlio maggiore che non vuole partecipare alla festa, perché  non ha mai avuto  concesso di far festa con i suoi amici e non ha mai disobbedito ai comandi del padre, questi  lo supplica ad entrare e a condividere la gioia della festa per aver ritrovato il figlio, il suo fratello, sano e salvo. 

L’amore del Padre verso i due figli.

 Il padre verso i due figli tiene un atteggiamento di amore e in lui non prevale il rimprovero ma l’accoglienza paterna, il suo perdono e esorta alla gioia per aver potuto riabbracciare il figlio prodigo, che torna nella casa paterna più spinto dalla fame che da un desiderio di pentimento e di amore  verso il padre. Il figlio,  ricordando i salariati nella sua casa, ritiene di poter avere almeno lo stesso trattamento dei servi, e pensa le parole da dover dire al padre : “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Baratta così la sua dignità di figlio con la possibilità di sopravvivere e di avere un tozzo di pane, di essere servo più che essere considerato un figlio morto e dimenticato. Ma il Padre non ha smesso di amarlo e per questo lo riabbraccia, ordina di rivestirlo, di mettergli l’anello al dito, i sandali ai piedi, di far festa. Così  gli dimostra in modo incondizionato che egli è ancora suo figlio.

    Anche verso il figlio maggiore, che pur non contesta il suo amore di padre, ma  forse il suo  modo eccessivo con cui ha riaccolto il fratello, che aveva sperperato la sua parte di eredità, il Padre   tiene un comportamento, più che di rimprovero, di benevola esortazione a considerare che è suo tutto quello che vi è in casa, che egli non deve considerarsi salariato, che è necessario far festa e rallegrarsi  perché suo fratello che era morto è tornato a vivere con loro. Il Figlio maggiore non riconosce l’amore de Padre verso suo fratello e avrebbe voluto che questi meritava di essere   trattato secondo  la giustizia umana, come si tratta uno che è, sì perdonato, ma da punire.

 La  parabola mette in grandissima evidenza l’amore gratuito del padre verso il figlio, di Dio verso gli uomini, che non riconoscendo il suo amore di Padre, si allontanano da lui, ma poi pentiti ritornano, giusti o peccatori che siano. Così, dice Gesù, Dio Padre, agisce con il peccatore che , presa coscienza del suo peccato, ritorna al suo amore. Ma  la parabola vuole anche farci comprendere che coloro che si ritengono giusti come il figlio maggiore non possono giudicare o condannare coloro che ritornano pentiti all’abbraccio del Padre celeste, e devono anch’essi aprire il loro cuore all’accoglienza e  far festa, come dice Gesù, “ perché si fa più festa in cielo per un peccatore pentito che per non novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Egli è venuto non per i sani ma per i malati e a mostrarci il volto misericordioso dell’amore di Dio.

    Prima Lettura. Gn 5,9.10-12

   Il cammino  dell’esodo di Israele termina con la sua introduzione nella Terra promessa in cui viene celebrata la Pasqua con gli azzimi e non più con la manna. La Pasqua è il memoriale della liberazione che non cesserà di accompagnare Israele ma non come un ricordo di un avvenimento del passato, ma come segno che continua ad assicurare la presenza e la grazia del Signore. Mala liberazione celebrata, è però per l’umanità un inizio e un’immagine, come la terra di Canaan:  un’ombra della Pasqua di Cristo, che nel suo sangue ha riscattato e liberato dal peccato l’intera umanità dando la speranza che questa sarà introdotta nella vera e definitiva Terra promessa della vita eterna. 

La Riconciliazione.

Seconda Lettura : 2 Cor 5,17-21. Se Gesù è morto per noi per amore, la nostra vita deve essere una risposta di donazione al suo amore. Ciò significa essere una nuova creatura, vuol dire lasciarsi riconciliare con Dio, ricevere il perdono come gratuità e senza merito, perchè nel suo Figlio vittima di espiazione dei nostro peccati,  ci ha riconciliati con sé  e ha posto nella  Chiesa i suoi Apostoli come ambasciatori di riconciliazione avendo effuso lo Spirito Santo nella Pentecoste.

 Vangelo: Lc 15,1-3.11-32.

La libertà che l’uomo vuole vivere lontano da Dio è un’illusa e incauta fantasia, perché il punto di arrivo può essere una misera condizione di fame, di stenti, di umiliazione, di vergogna. Allora ritorna alla memoria la condizione perduta e si può riprendere il cammino di risalita in cima alla quale non vi è un meritato castigo, ma l’amore paziente del Padre celeste che non dimentica la sua creatura, i suoi figli prodighi, e li attende per riabbracciarli e riammetterli nella sua casa come figli, restituendoli nella loro dignità. Questa riammissione indispettisce chi si crede giusto, chi non è capace di rallegrasi con lo stesso entusiasmo del cuore del Padre, chi ritiene di avere  più dei  diritti che ringraziamenti da fare: è lo stupore dei farisei che mormorano contro Gesù, perché  “accoglie i peccatori e mangia con loro”. La parabola  vuole  Introdurci a capire il mistero del perdono che Dio concede  immisuratamente.