Domenica  27  Gennaio  2013

   3a  Domenica del Tempo Ordinario (Lc 1,1-4;4,14-21)

 LA  PAROLA E’ LUCE AI NOSTRI PASSI

 Noi, popolo di Dio, non viviamo alla cieca, guidati dall’interesse e dagli istinti: nelle scelte imposteci dalla vita siamo guidati dalla parola del Signore.

   La prima lettura ci parla del momento in cui Dio riconsegnò la sua parola al popolo ebreo tornato dall’esilio.

    Nella pagina del Vangelo, l’Evangelista Luca ci racconta di quando Gesù nella sinagoga del suo paese, Nazaret, cominciò a presentare la legge di amore che Dio intendeva dare al suo nuovo popolo. Leggiamo nel suo prologo la motivazione e il fine del Vangelo di Luca, con cui ci introduce nel mistero di Gesù.

 Gesù nella « casa di preghiera » del suo paese. 

   E’ sabato, e tutti i suoi compaesani sono nella sinagoga per ascoltare la parola di Dio. Siccome la fama di Gesù come predicatore si è già diffusa, viene invitato a leggere un brano della Bibbia e a commentarla. Gesù prende il rotolo che contiene i canti del profeta Isaia e legge il c.61. I suoi gesti sono lenti e maestosi, come si usa nella sinagoga per manifestare il rispetto verso la parola di Dio. Isaia 61 fa parlare l’inviato di Dio, il Messia. Egli presenta la propria missione promettendo il capo-volgimento della realtà, l’inizio di un tempo nuovo, di libertà e pace.

   Ora, la legge di Mosè prevedeva che almeno ogni cinquant’ anni la nazione ebraica celebrasse l’anno giubilare. In esso doveva avvenire la liberazione, degli schiavi, il condono dei debiti, la restituzione delle terre alle famiglie che le avevano vendute per vincere momentaneamente la miseria. I padroni dovevano quindi, almeno una volta ogni 50 anni, ricordarsi che ogni uomo era stato creato a immagine di Dio, e meritava il rispetto anche se era meno favorito in salute, in capacità, in beni economici. Ma quella legge di Mosè rimase sempre scritta e mai messa in pratica. Gli interessi dei ricchi e dei potenti fecero sì che rimanesse lettera morta. Si finì per rimandare l’anno giubilare, l’anno della liberazione ai tempi del Messia. Egli sarebbe riuscito nell’impresa perché avrebbe trasformato i cuori induriti dall’egoismo e dalla cattiveria.

   Nel c. 61, che Gesù scelse di leggere nella sinagoga di Nazaret il profeta Isaia metteva in bocca al Messia proprio l’annuncio di quell’anno  «  giubilare » di salvezza : « Il Signore mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, per proclamare ai prigionieri la libertà… e predicare un anno di grazia del Signore ». A questo punto Gesù smise di leggere, arrotolò il volume e disse ai suoi ascoltatori: « Oggi si è compiuta questa Scrittura». Lo Spirito che lo vivifica, dal suo battesimo, fa’ sì che Gesù si proclami il Messia. In lui si adempiono le promesse  dell’Antico Testamento.

 Una parola che trasforma la storia. 

   Gesù comincia così la sua missione di inviato di Dio, di Messia. Non è venuto a far guerre per liberare il popolo ebreo dai Romani, ma a trasformare i cuori induriti dall’egoismo e dalla cattiveria, annunciando la venuta di un nuovo Regno.

   Da quel momento è cominciata la rivoluzione cristiana. In un mondo pieno di male, di egoismo, comincia a diffondersi nel silenzio e, continuerà  per 2000 anni, la rivoluzione  portata da Gesù: rivoluzione dell’amore e del perdono.

   I cristiani operano nel mondo come il lievito nella pasta che fa crescere, come la luce che illumina  le tenebre. Non tutto è evidente, ma certamente coloro che nel mondo vivono pienamente la vocazione dei battezzati trasformano il tempo e i luoghi della storia.

   Lo Spirito, attraverso la Parola, muove quanti si radunano ogni domenica per l’Eucaristia. La  celebrazione della Parola di Dio fa sì che i credenti possano partecipare al mistero del suo amore, facendosi capaci  di gesti di fraternità verso i più bisognosi. La Chiesa dunque vive oggi l’attualità salvifica della parola di Gesù e nella comunione raduna le genti intorno al suo messaggio di salvezza.