25 Dicembre – Natale del Signore

   Un Bambino per noi è nato, un Figlio ci è stato donato.

 L’evento del Natale è la grandissima realtà del mistero di Dio che nella persona di Gesù Cristo si fa carne, si fa storia, si fa uomo. L’impossibile diviene possibile, l’inaccessibile accessibile, l’eterno temporale, l’immortale mortale. In Cristo, Dio si da uomo per incontrare l’uomo: egli non  capirebbe mai se stesso se non fosse illuminato da Colui che lo ha creato! Solo in Cristo e unicamente in lui  si trova la luce che rischiara la vita, sempre minacciata dalle tenebre del peccato. Il Bambino di Betlemme è il Figlio di Dio, è Colui che dà senso e significato a ogni esistenza umana e la rende a sua volta un seme di luce, una scintilla di luce per vincere il buio del mondo.

 In questa celebrazione che precede la solennità del Natale del Signore, la liturgia della Parola propone la genealogia di Gesù e invita a soffermare l’attenzione su coloro che sono stati i protagonisti della sua nascita: non solo su Maria, ma anche su Giuseppe.  Giuseppe è l’unico personaggio di cui il Vangelo non riporta nemmeno una parola. Uomo del silenzio, testimonia come l’ascolto di Dio può avvenire solo nel silenzio, l’unico luogo in cui si può afferrare si può afferrare  la sua Parola. Insegna che più che parlare di Dio e a Dio, è necessario imparare ad ascoltarlo. Nella sua disarmante semplicità, il suo costante silenzio unito all’obbedienza è più eloquente di molte parole.

   Il suo matrimonio con Maria rischia di andare in fumo, ma Dio stesso gli viene incontro e lo aiuta a fare la scelta giusta, svelandogli la ragione per la quale può e deve sposarla. Oggi la liturgia propone il racconto di come Dio sia intervenuto nella sua vita affidandogli il ruolo di « padre » di Gesù. Egli diventerà così modello di una paternità che nasce dalla fedeltà alla voce di Dio e della carità verso gli altri. Come all’origine della paternità di Abramo  - da cui Matteo fa partire la genealogia di Gesù – vi è il suo atto di fede, così è per Giuseppe. Tutta la sua vita sarà scandita dalla sua risposta di fede e di obbedienza,anche in circostanze oscure e difficili. Non solo prima della nascita di Gesù, ma anche dopo: a Betlemme, nella fuga in Egitto, nel ritorno a Nazaret. Si rivelerà davvero il servo saggio e fedele che il Signore ha posto a capo della sua famiglia (Lc. 12,42), capace  di un amore  perfetto al suo Dio.

  Notte di NATALE

 Una notte uguale a tante altre, tutta via unica: è la notte di Natale. Un fatto ovvio come la nascita di un bambino, raccontato come molti altri, tuttavia unico e decisivo perché è la nascita di Gesù Cristo, del Figlio di DIO. Ciò che in questa notte accade, diviene un evento talmente importante che tutti gli altri fatti ne dipendono, costringendo l’umanità e la storia a cambiare il senso  che si dà alla vita, il giudizio sugli uomini e sulle cose.

   In questa notte, l’angelo invita a guardare a quel bambino appena nato come al Salvatore: Dio è venuto ad abitare nel mondo, si è  fatto vicino all’uomo, si è messo a sua disposizione per salvarlo.

« Oggi vi è nato un Salvatore » : colui che ci fa uscire dall’abisso, ci rende liberi, ci offre il suo amore, un amore che dal Natale di Gesù avvolge il mondo.

Da quella notte, le parole dell’angelo sono ripetute di generazione in generazione, perché la nascita di Cristo impregna i secoli e la storia. E quell’« oggi » tanto a caro a Luca, definisce non solo un preciso momento storico, ma indica un tempo continuato che fa di ogni giorno un «oggi». Grazie alla venuta di Cristo, ogni giorno è un oggi  che prepara e si apre a un domani, illuminato e abitato dalla speranza di un altro domani: quando ogni uomo, che ha ascoltato l’annuncio della sua nascita nel tempo, vedrà Gesù Cristo nella gloria.

    La nascita di Cristo è accompagnata da una nuova luce ricevuta , scoperta, ammirata. Quella luce ha diradato, perché le ha vinto, le tenebre del peccato e della morte. Quella luce squarcia il buio, quella pace, donata da Dio agli uomini che ama, rimanda all’amore che ha visitato la terra: un amore che salva.

    Dalla nascita di Gesù, in ogni Natale a ogni uomo è rivolto l’invito ad andare a vedere il Bambino che è nato, ad avvicinarsi alla Parola fatta carne per la salvezza di tutti, per esserne un po’ illuminati, e perché l’incontro riempia ogni cuore di amore e di pace.

 Nel GIORNO del  NATALE 

Da quando Dio ha creato l’uomo e si è appassionato a lui, ha cercato costantemente di farsi conoscere. Nel Natale di Gesù la sua luce e le parole dell’angelo hanno raggiunto i pastori, che si sono precipitati a constatare la gloria del loro Dio. Una gloria che trascende tutto e al contempo molto umile: una stalla, una mangiatoia e un bambino cullato dalla tenerezza di una Madre che custodiva nel cuore tutti gli avvenimenti di cui era testimone.

   Il Bambino nella mangiatoia, piccolo e povero, è Colui che seppure in fasce, si fa già sentire da chi sa ascoltare e porta la pace al mondo. E’ Colui che si manifesta nella vita degli uomini per donarsi a loro. Se lo riconoscono, la loro vita non sarà mai più la stessa. Come non è stata più la stessa quella dei pastori che hanno risposto alle parole dell’angelo e si sono messi alla ricerca di Colui che è stato loro annunciato. Non erano degli illusi, ma uomini nuovi e capaci di accogliere l’enigma di questa notte: « Troverete un bambino ».

   Sono loro, i pastori, i primi ad avvicinarsi. E dopo averlo trovato si incamminano sulle strade della vita, ricominciando nuovamente a cercarlo: rappresentano i cercatori di Dio di tutti i tempi e appartengono a quel popolo di cuori semplici che sentono le parole del Vangelo come una novità  e che rispondono con la loro fede.

    Il Natale è la più bella sorpresa di Dio all’umanità e l’inizio della risposta più completa alle sue esigenze più radicali. E in ogni Natale, Gesù nasce ancora per  l’uomo, lo raggiunge nel quotidiano per donargli amore,gioia, pace e salvezza.

 Ogni anno l’inizio del quarto Vangelo rinsalda i credenti nella fede e nella gioia, ricordando che Gesù è venuto affinchè fosse data ad ogni uomo, dopo il peccato, un’altra possibilità per vivere da figli di Dio, in comunione con lui. E da fratelli.

    Il Prologo di Giovanni è un testo denso sia dal punto di vista teologico che spirituale. Non risale agli inizi della la vita terrena di Gesù – come fanno invece Matteo e Luca  con la loro genealogia – e neppure agli eventi della sua infanzia. Spinge invece lo sguardo al di là  del tempo e dello spazio, fino alla preesistenza del Verbo nel seno della Trinità. Giovanni guarda al mistero stesso di Dio: al Padre, che è fonte della Vita, al Figlio perennemente rivolto al Padre, e allo Spirito d’Amore.

    Questo « in principio »   svela un progetto eterno d’amore, un desiderio di presenza e di comunione di Dio, con l’uomo che ha creato, che si realizza pienamente nell’incarnazione del Verbo.   In quel «  e il Verbo si è fatto carne » è racchiuso tutto ciò che lo ha preceduto e tutto ciò che ne è seguito. E’ racchiusa la fedeltà di Dio a Israele nel realizzare pienamente le sue promesse, che potevano sembrare sogni ma che sono realtà.

   Dio avrebbe potuto scegliere per suo Figlio altre strade. Invece ha preferito la fragilità della carne. Ha preferito raggiungere il piccolo resto, i poveri e gli umili di cuore, chi credeva alla logica divina.

   Con la venuta del Verbo nella storia, il tempo non è più ciò che fugge verso la morte ma l’alveo in cui scorre l’amore del Padre per raggiungere ogni uomo. E  ogni risposta dell’uomo alla chiamata a essere figlio di Dio, resa possibile dalla grazia, è un aprirsi sempre più verso l’alto attraverso la fede, che dilata gli orizzonti terreni.

    Nel Verbo fatto carne Dio è entrato nelle dinamiche più segrete della vita umana, manifestandosi come amore gratuito me fedele. Da quel momento l’uomo è chiamato a comprendere ogni cosa, e la sua stessa vita, all’interno  della partecipazione all’amore divino. Il solo capace di rivelargli il senso vero della libertà, della gioia e della vita di figlio di Dio che gli è continuamente donata.