23 Dicembre  - 4a Domenica d’Avvento

         «BENEDETTA TU FRA LE DONNE E  BENEDETTO IL FRUTTO DEL TUO GREMBO »

 Ad ogni cristiano oggi è chiesto di essere, come Maria, solidale con l’umanità, con la gente con cui vive. E’ chiesto di portare nel cuore le loro attese, di essere testimone davanti a Dio della speranza di tutti con le sue gioie e le sue pene, i suoi successi e i suoi fallimenti. La comunità accetta di riconoscersi, come  creatura, indegna di Dio ma anche aperta ad accoglierlo nella sua venuta, nel suo dono di amore all’intera umanità. Essa, come Maria, vuole rendersi totalmente disponibile all’irruzione dello Spirito, all’ascolto della Parola, alla meditazione della storia della salvezza per scoprirvi i segni che Dio dà della sua venuta imminente.

 Questa domenica rinnova ai cristiani l’invito a contemplare l’incarnazione del Verbo nell’offerta perfetta di se stesso e a rallegrarsi per la nascita di un Bambino: il Pastore che Dio dà al suo popolo; il Salvatore offerto per la salvezza del mondo; il Signore che santifica quanti lo accolgono; il Figlio di colei che ha creduto alla Parola ascoltata.

 L’opera di Dio nella storia

Il Pastore delle nazioni estenderà la sua potenza fino alle estremità della terra. Tale è la promessa di Dio per bocca del profeta Michea. Si sceglie un’umile borgata, piccola ma pienamente disponibile per accogliere l’infinita grandezza di Dio. Nell’umiltà di Betlemme è raffigurata la memoria di un tempo benedetto in cui tutto il popolo viveva in pace, riunito attorno all’Arca dell’Alleanza. In quel tempo il Signore aveva chiamato Davide a guidare il suo popolo. E tutti si ricordavano ancora dello splendore del Regno. Dio aveva scelto Davide, gli aveva giurato fedeltà.   Dio non rinnega la sua promessa, ed ecco preannunziarsi il parto di una donna. Maria porta in sé la bella notizia della salvezza: il Verbo si è fatto carne. Trasfigurata dall’annunzio dell’angelo, percorre le colline della Giudea e va incontro all’attesa del suo popolo. L’antica alleanza volge al suo avuta termine e la nascita di un bambino è il coronamento dell’attesa della sua venuta. Alle parole di saluto di Maria, Elisabetta risponde con una parola di benedizione, Lo Spirito Santo è all’opera dopo aver coperto Maria della sua ombra, fa ora trasalire  di gioia il Battista, chiamato ad essere il testimone e il banditore del compimento della promessa.

 Dio ha visitato il suo popolo.

 La serva del Signore avrebbe avuto tutte le buone ragioni per restare a Nazaret. Ma parte rapidamente verso la Giudea a casa di Zaccaria. Ha compreso che la presenza di Dio si deve tradurre in presenza agli altri. E il saluto di Elisabetta ha confermato la sua scelta.

    Maria è una donna molto semplice, una donna del popolo, di un popolo che era in attesa. Con i poveri del Signore, i piccoli che danno fiducia a Dio, ella vive la speranza di Israele, confidando nella promessa, disponibile ad accogliere il Messia. Proprio perché in lei non vi è ambizione, può portare in sé tutta l’attesa del suo popolo, essere la testimone davanti a Dio della speranza. Essere, nel silenzio della sua preghiera e della sua vita, il « sì »di tutta la storia di Israele al piano di salvezza di Dio.

   E appena concepito il Verbo, la Vergine dona al mondo il Dio che ha ricevuto. Il suo gesto di solidarietà la rende missionaria. Se il Dio promesso viene ad abitare nell’umanità è per mezzo di lei, a vantaggio del suo popolo e del popolo nuovo che non ha confini. La visita di Maria ad Elisabetta è transitoria, dura tre mesi; anche l’abitare del Verbo nella storia può sembrare  aver solo la durata della vita umana di Gesù. Ma l’incarnazione ha il sapore di un evento definitivo, irreversibile. Colui di cui si celebra a ogni Eucaristia il memoriale della morte e della risurrezione, non ha lasciato l’umanità, non si è allontanato, salendo definitivamente al Padre. E’ sempre Uomo con gli uomini fino alla fine dei tempi e per l’eternità.