8 Marzo – Giovedì

Il ricco cattivo e il povero Lazzaro

  C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e

di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti.  

Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coper-

to di piaghe,  bramoso di sfamarsi con quello che cadeva

dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a lec-

care le sue piaghe.  Un giorno il povero morì e fu portato

dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu se-

polto.  Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e

vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.  Allora

gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda

Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnar-

mi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.  

Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai

ricevuto  i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in que-

sto modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.  

Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: colo-

ro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì

possono giungere fino a noi”.  E quello replicò: “Allora, padre,

ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre,  perché ho cin-

que fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano

anch’essi in questo luogo di tormento”.   Ma Abramo rispose:

“Hanno Mosè  e i Profeti; ascoltino loro”.  E lui replicò: “No, pa-

dre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si con-

vertiranno”.  Abramo rispose: “Se non ascoltano  Mosè e i Pro-

 feti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

  Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu

invece sei in mezzo ai tormenti.

Ricchezza e superbia molto spesso induriscono il cuore. Il ricco che banchetta tutti i giorni, nega

le briciole al mendicante che muore di fame alla sua porta. Si accorge troppo tardi di essere stato

vittima del suo egoismo e di avere colpevolmente trascurato il fratello.

      UNA GOCCIA D’ACQUA

La parola di oggi è la più limpida applicazione del detto

sapienziale: « Si raccoglie quello che si semina ». Se se-

mini bene, cioè se ce la metti tutta per non affidare nulla

al caso o alla fortuna, ma tutto è espressione dell’impe –

gno, allora raccoglierai bene. Certo, forse ci si sente co-

me il  seminatore che piange mentre semina perché non

sa quanti di quei semi porteranno frutto, ma nel tornare

porta con giubilo i suoi covoni, come dice il salmo.

Diamoci da fare e saremo contenti, anche, se la nostra

gioia è filtrata dalla fatica: ne vale la pena!

  Semina sorriso fin dal mattino, e nel tempo fiorirà un giardino.

 Semina grani di certa speranza, ci sarà molta esultanza.

 Semina nella fede e con l’ardore e l’angolo più grigio avrà colore.

 Semina parole e fatti d’amore e nel mondo avrà senso il cuore.

 Semina entusiasmo e semplicità e sarà facile la felicità.

 Semina il bene con impegno e  costanza lo si raccoglierà in abbondanza.